Il mondo del quantum computing, dove il bit diventa qubit e per elaborare le informazioni si usano i fenomeni tipici della meccanica quantistica, compie ogni giorno importanti passi avanti. Siamo ancora lontani dal poter dire “ecco un computer quantistico pronto all’uso”, ma nel mondo ci sono svariati ricerche ed esperimenti, e anche casi peculiari come quello della canadese D-Wave Systems.
L’azienda, che tra i suoi clienti conta Google e anche la NASA, ha svelato di recente D-Wave 2000Q, una nuova versione del proprio “computer” dotata di un chip con oltre 2000 qubit per svolgere calcoli complessi. Si tratta del doppio dei qubit rispetto al sistema D-Wave 2X presentato nel 2015. “Usando test che simulano applicazioni reali il sistema D-Wave 2000Q ha superato i classici server nel processo di algoritmi altamente specializzati di un fattore da 1000 a 10000 volte”, scrive D-Wave sul proprio sito.
Il D-Wave 2000Q effettua i calcoli tramite un processo chiamato quantum annealing, che trasforma un problema (ad esempio trovare la strada più veloce per arrivare a casa passando da alcuni punti) in una mappa topografica fatta di picchi e avvallamenti, con la risposta ottimale alla domanda definita dal punto più basso sulla mappa.
Secondo D-Wave il sistema è nettamente più veloce rispetto ai calcoli tradizionali fatti dai computer odierni. Nonostante i clienti di prestigio però, la comunità scientifica è molto scettica sul prodotto di D-Wave, in quanto non c’è ancora una prova chiara dei vantaggi offerti rispetto ai computer tradizionali.
Microsoft, ad esempio, ha scelto un approccio diverso per lavorare al “suo” computer quantistico, quello del qubit topologico. Un lavoro che secondo D-Wave “si basa sulla creazione di quasi-particelle esotiche, che sono difficili da produrre, ed è ancora più difficile lavorarci”.
L’azienda crede quindi che il quantum annealing sia la strada da percorrere, benché uno studio apparso su Science nel 2014 non abbia evidenziato vantaggi rispetto ai computer tradizionali. I ricercatori non hanno trovato traccia del cosiddetto “quantum speedup”, ossia della maggiore velocità frutto del funzionamento quantistico.
Il coautore di quello studio, Matthias Troyer, ritiene che il solo raddoppio del numero di qubit nel chip non permetterà al D-Wave di produrre risultati migliori. In D-Wave Systems concordano, ma ritengono di essere “almeno un decennio avanti” a tutti. “Se saremo in grado di sostenere il nostro attuale ritmo d’innovazione rimarremo un decennio avanti, per sempre”, ha affermato Colin Williams, direttore dello sviluppo business dell’azienda canadese.
Scetticismo o no, la notizia è che D-Wave 2000Q ha il suo primo acquirente, un’azienda specializzata in cyber security chiamata Temporal Defense Systems. Per l’acquisto l’azienda dovrebbe aver investito qualcosa come 15 milioni di dollari, e quindi i casi sono due: o credono nel prodotto di D-Wave oppure sono dei pazzi o peggio ancora, sono stati raggirati.
Sarà il tempo a parlare. Al momento, è bene sottolinearlo, D-Wave non è un computer come lo può intendere l’uomo della strada. Oltre all’architettura complessa ha bisogno di un ambiente molto freddo (il chip deve essere mantenuto a -273,1 °C) e schermato per funzionare.
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