MILANO – Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, è fiducioso del fatto che l’Italia riuscirà a trovare un accordo con la Commissione Ue per evitare la procedura d’infrazione sui conti pubblici. “Non vedo ostacoli per un accordo” , ha detto a margine del seminario di economia internazionale di Villa Mondragone, a Roma. “Per un’economia a crescita zero l’obiettivo di un deficit pubblico del 2,1% per l’anno corrente rappresenta una politica di bilancio più che prudente e noi arriveremo a questo livello di deficit grazie ad una gestione prudenziale, anche se stiamo implementando le politiche sociali programmate decise con l’ultima legge di bilancio”, ha spiegato.
Il lavoro di queste ore è intenso e su più tavoli. In patria, il Tesoro sta limando le cifre che dovrebbero finire in una relazione al Parlamento per dimostrare come ci siano risorse maggiori rispetto a quelle preventivate nel Def di aprile a disposizione delle finanze tricolori. Tra ddl di assestamento del bilancio e documento tecnico aggiuntivo, il Mef dovrebbe puntare sul maggior gettito (dato dalla diffusione della fatturazione elettronica e da alcune operazioni di recupero fiscale), sui dividendi di Cdp e Bankitalia e sulle minori spese per le misure-bandiera della maggioranza, Quota 100 e Reddito di cittadinanza. Così, il deficit/Pil del 2019 dovrebbe esser contenuto dal 2,4% al 2,1% citato ancora oggi da Tria.
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Determinanti saranno poi gli impegni in vista della legge di Bilancio per il 2020, con le forze politiche che ancora non trovano la quadra intorno alla Flat tax voluta dalla Lega e l’esigenza di disciplina di bilancio che deve impedire al deficit/Pil di muoversi di nuovo al rialzo. Anche perché la Commissione prevede – senza considerare l’aumento dell’Iva previsto dalle clausole di salvaguardia – che il deficit/Pil italiano salga l’anno prossimo al 3,5% mentre il Programma di stabilità italiano lo indicava al 2,1%. Un gap di previsione che non ha eguali tra i Paesi membri.
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La partita va avanti anche a Bruxelles, dove la Commissione si è aggiornata sul dossier. Come da attese, grazie anche alla spinta conciliante del commissario Moscovici, oggi non sono state prese decisioni. La prossima riunione dell’esecutivo Ue del 2 luglio e l’Ecofin del 9 luglio sono gli snodi fondamentali: per quelle date, l’Italia dovrebbe aver mosso i suoi passi ufficiali e spetterà allora ai tecnici e alla politica europea valutare se saranno stati sufficienti per evitare una procedura. Anche se questa dovesse scattare, è l’ultima indicazione giunta, potrebbe comunque esserci più tempo (sei mesi invece che i tre previsti dalle regole) perché l’Italia provi a rientrare nei ranghi. “Il Collegio dei commissari Ue è stato aggiornato sulla situazione italiana, ha avuto una discussione, e ha deciso di ritornare sulla questione la prossima settimana”, ha confermato il portavoce del presidente, Jean Claude Juncker.