• 1 Dicembre 2024 18:32

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Con il ritorno di Trump trema la Fed, analisti dubbiosi sulla sorte di Powell

Nov 6, 2024

AGI – La vittoria di Trump apre un importante capitolo nella storia della Federal Reserve e pone interrogativi nel mondo finanziario: cosa accadrà alla poltrona occupata ora da Jerome Powell? Nonostante qualche scintilla in passato, i presidenti americani si sono sempre schierati a favore dell’imparzialità e dell’indipendenza della banca centrale. Ma è anche vero che Powell – nominato da Trump nel 2017 e confermato da Biden per un secondo mandato nel maggio 2022 – non è ora ben visto in ambienti repubblicani. “Gli permetterei di completare il suo mandato, soprattutto se pensassi che sta facendo la cosa giusta”, ha dichiarato Trump a Bloomberg Businessweek in un’intervista rilasciata a giugno. Ma, nel febbraio scorso parlando a Fox News, lo aveva definito “un politico” perché tagliando i tassi, avrebbe favorito i democratici nella corsa elettorale. Nei mesi scorsi, in un’altra circostanza, parlando coi giornalisti nella sua tenuta di Mar-a-Lago a Palm Beach, in Florida, Trump espresse ancora dei dubbi: “Ho avuto molto successo. E credo di avere un istinto migliore di quello di chi, in molti casi, fa parte della Federal Reserve – o del presidente”.

 

Il fatto è che nonostante lo abbia nominato proprio lui, nel 2017, due anni dopo Trump non aveva digerito alcune decisioni del banchiere centrale che, a suo giudizio, non stava tagliando i tassi velocemente. E secondo gli analisti, a breve termine, queste tensioni potrebbero ora riprendere vigore. Intanto la Fed, che si riunisce proprio oggi e che renderà pubbliche le sue decisioni domani, si trova in un momento delicato della sua battaglia contro l’inflazione. A settembre, ha deciso un taglio dei tassi jumbo, ossia dello 0,50% a settembre e si prepara ad un’ulteriore riduzione dello 0,25% che dovrebbe essere annunciata domani.

 

Ma lasciare i tassi troppo alti (ora al 4,75%-5%) che portano ad un aumento dei disoccupati e alla riduzione della domanda, puo’ essere considerato un rischio: per questo secondo gli analisti, il neo presidente farà probabilmente pressione sulla Fed affinché tagli i tassi. Ed è proprio quello che temono i mercati: veder compromessa l’indipendenza della Fed. Peraltro ad aprile scorso, il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo che descrive in dettaglio un piano degli alleati di Trump per smussare l’indipendenza della Fed e consentire al presidente di essere coinvolto nelle decisioni sui tassi di interesse. I responsabili della campagna di Trump Chris LaCivita e Susie Wiles hanno pero’ affermato che il rapporto non dovrebbe “essere considerato ufficiale”.

 

Da parte sua, Powell ha a lungo sostenuto che lui e altri funzionari della Fed non tengono conto della politica quando decidono in tema di politica monetaria. Durante il suo mandato, Powell ha guidato un’economia forte successivamente scossa dalla recessione economica dovuta al Covid. Quando la pandemia è finita, gli Stati Uniti si sono trovati ad affrontare un’inflazione alle stelle, con un picco di circa il 9% nel estate del 2022. Tuttavia, per gli analisti Powell e’ riuscito ad ottenere un “risultato enorme” e cioe’ quello di “controllare l’inflazione senza entrare in recessione”. La riunione della Fed che si concluderà domani è di fatto l’ultima che puo’ ragionevolmente basarsi sulle proiezioni attuali “Questa è la mia quarta elezione presidenziale alla Fed”, ha dichiarato Powell ai giornalisti durante la consueta conferenza stampa post-riunione di luglio.

 

“Qualsiasi cosa faremo prima, durante o dopo le elezioni si baserà sui dati, sulle prospettive e sull’equilibrio dei rischi e non su altro”. Il suo destino, giurano gli osservatori, dipenderà proprio da come si muoverà in direzione di una discesa dei tassi. Il suo mandato peraltro scade nel 2026. Con l’elezione di Trump, gli analisti ricordano quando nel 2018 e nel 2019 il presidente condusse una palese campagna di pressioni sulla Fed, esortando la banca centrale a “sfruttare la vittoria” di un’economia cosi’ forte e attaccando Powell in quanto “sprovveduto”.

 

Anche dopo che la Fed, nell’agosto 2019, inizio’ in effetti ad abbassare i tassi, le lamentele di Trump non cessarono. “La mia unica domanda è: chi è il maggiore nemico della nostra economia, Jay Powell o il presidente Xi?”, scrisse su Twitter. Powell respinse tali pressioni, e in un’audizione al Senato del luglio 2019 sentenzio’: “Faremo sempre il nostro lavoro in modo obiettivo, basandoci sui dati, con trasparenza, e faremo ciò che pensiamo sia giusto per l’economia statunitense”. D’altronde, i rapporti tra la Casa Bianca e la banca centrale non sono sempre stati sereni. Ad esempio, nel 1965, il presidente Lyndon B. Johnson avrebbe convocato l’allora presidente della Fed William McChesney Martin nel suo ranch in Texas e lo avrebbe spinto contro un muro dopo la decisione di aumentare i tassi di interesse. Ma è anche vero, e lo sanno anche i presidenti, che una banca centrale indipendente è essenziale per raccogliere i benefici della stabilita’ economica e finanziaria. 

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