• 29 Marzo 2024 10:44

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Con Euronext è nata la nuova Borsa, e ha una dote per Bergamo

Mag 8, 2021

 

Piazza Affari batte bandiera Euronext. Tre striscioni e due riproduzioni tridimensionali del logo da inizio settimana campeggiano su Palazzo Mezzanotte e segnano il passaggio di Borsa italiana dal London Stock Exchange al gruppo paneuropeo guidato da Stephane Boujnah. I simboli sono importanti, Euronext ha puntato su un allestimento che annuncia l’inizio di una nuova epoca e contemporaneamente lancia un messaggio rassicurante sull’identità milanese che non viene messa in discussione. Il modello federale di Euronext, con due livelli decisionali, uno locale e l’altro centrale, dovrebbero, almeno sulla carta, garantire un equilibrio nella governance in Borsa italiana che continuerà ad avere il suo cda presieduto da Raffaele Jerusalmi.

L’operazione si è conclusa la settimana scorsa senza troppo clamore politico, dopo che diversi partiti avevano annunciato battaglia con mozioni parlamentari. Invece, il passaggio è avvenuto anche in anticipo rispetto ai tempi stabiliti e, comunque, nel rispetto degli accordi che erano stati presi dal governo Conte e sui quali non si sa se e in che misura sia intervenuto il governo Draghi. Però c’è la novità inaspettata dello spostamento del cervellone delle contrattazioni da Londra a Bergamo. Per la precisione da Basildon a Ponte San Pietro. E questo ha fatto la differenza nell’atterraggio “soft” delle nozze Borsa-Euronext.

 

Non si sa se si sia trattato di un “premio” aggiuntivo per l’acquisizione dell’asset strategico italiano, che contribuisce per un terzo ai ricavi del nuovo gruppo, oppure di una decisione esclusivamente tecnica. In ogni caso, la mossa a sorpresa di Euronext dà la possibilità all’Italia di vantare il più grande risultato ottenuto finora dal venir meno della centralità di Londra in seguito alla Brexit. Nel 2017 Milano perse la sede dell’Ema in un disgraziato sorteggio a favore di Amsterdam. Oggi Bergamo conquista un’infrastruttura finanziaria attraverso cui passa un quarto delle negoziazioni azionarie di tutta Europa e che promette di generare una ricaduta sul territorio in termini fintech. “Sono bergamasco e figuriamoci se non sono orgoglioso di questa scelta  – dice al Foglio Giovanni Natali, presidente di Assoaim, l’associazione che raggruppa le società quotate sul listino Aim, che adesso probabilmente dovrà cambiare nome – Ma nessuno ha ancora chiarito un punto fondamentale e cioè a chi spetterà l’ultima parola sull’ammissione alla quotazione delle società, se a manager italiani o francesi.

 

Credo che sia un punto importante perché se è vero che i due paesi sono partner finanziari in questa grande operazione è vero anche sono anche competitor in campo economico”. Dubbi che dovrebbero essere chiariti in tempi brevi dal nuovo stato maggiore di Borsa-Euronext, che, intanto, si mostra molto fiducioso sull’impatto che avrà per l’Italia il trasferimento del data center da Londra. A determinare la scelta sarebbe stata la presenza a Ponte San Pietro del campus dei data center fondato quattro fa da Aruba, società che in Italia gestisce oltre 2,7 milioni di domini internet, più di 15 milioni tra caselle email e pec e 130.000 server. Le trattative, infatti, sarebbero state condotte da Euronext direttamente con l’azionista e ad di Aruba, Marco Cecconi, toscano di origine ma bergamasco di adozione.

Euronext sembra convinta che i suoi clienti, comprese le grandi banche, porteranno in Lombardia almeno parte dei loro uffici contribuendo ad investimenti per sviluppare connettività dei dati, servizi finanziari e professionalità specializzate nel mercato dei capitali. Ma perché questi operatori che adesso si trovano a Londra dovrebbero spostarsi? La spiegazione starebbe nella velocità con cui corrono le compravendite sui titoli: per gli operatori di Borsa (in particolare per i cosiddetti high frequency trader) la prossimità al server del cervellone è strategica perché fa guadagnare alcune frazioni di secondo nell’immissione degli ordini.

 

Così Bergamo potrebbe diventare un nuovo centro finanziario di livello europeo, una prospettiva inimmaginabile solo qualche anno fa. “Fino al 1996 c’erano 10 Borse in Italia. Dal 1997 c’è solo Borsa italiana che coincide con quella di Milano e in futuro ci sarà il mercato unico dei capitali – sintetizza Natali – E’ un’evoluzione naturale che bisogna accettare; allo stesso tempo, però, ritengo sia fondamentale preservare il valore che Borsa italiana ha creato negli ultimi 10 anni e che coincide con la grande crescita delle quotazioni sull’Aim che oggi totalizza 140 società a fronte della riduzione del 30 per cento delle società sul listino principale”. 

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