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Colonnine di ricarica, l’Italia è ancora indietro

Apr 1, 2023

L’Italia è ancora indietro dal punto di vista delle colonnine di ricarica per le auto elettriche rispetto ad altri Paesi europei: è quanto emerge dallo studio presentato da Federmeccanica, Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil ed elaborato dall’Osservatorio Automotive.

Lo studio rivela che nel nostro Paese, alla fine del 2022, si contano 36 mila punti di ricarica destinati alle auto a zero emissioni su tutto il territorio nazionale: di questi meno di 500 si trovano sulla rete autostradale.

Colonnine di ricarica auto elettriche: a che punto è l’Italia

I numeri dell’Italia sono inferiori a quanto succede in altre Nazioni: in base allo studio elaborato da parte dell’Osservatorio Automotive che compara le politiche industriali delle principali economie del settore in Europa, le colonnine di ricarica presenti in Germania sono circa 88 mila e di queste quasi 9mila ultra veloci.

Per l’Italia il divario è molto ampio anche rispetto alla Francia: sul territorio francese, infatti, risultano circa 83 mila colonnine di ricarica per veicoli elettrici, di cui oltre 3.200 ultra veloci. Numeri simili, invece, per la Spagna che conta 34.400 punti di ricarica.  La ricerca presentata da Federmeccanica e Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil evidenzia che “l’infrastrutturazione per la ricarica avanza velocemente in percentuale, ma rimane lenta in valore assoluto” nel nostro Paese.

Nel documento intitolato “Industria Automotive: un patrimonio italiano di fronte alle transizioni” è stato calcolato il fabbisogno teorico rispetto al parco circolante e a un’ipotesi di 42 milioni di veicoli elettrici in Europa nel 2023: sulla base di questi presupposti, è emerso che la copertura di stazioni di ricarica in Italia è di circa il 13,3%, inferiore a quella della Francia ma più avanti rispetto alla Germania.

Transizione energetica in Italia: la situazione e i rischi

Corrado La Forgia, il vicepresidente di Federmeccanica con delega alla Transizione Tecnologica ed Ecologica, ha commentato così i dati dello studio: “Come sistema Paese non possiamo rimanere fermi – si legge nel comunicato stampa di Federmeccanica – i nostri competitors vanno avanti veloci e rischiamo di rimanere troppo indietro. Serve un cambio di passo, c’è una transizione ecologica da affrontare che deve essere guidata dalla tecnologia e sostenuta dalle politiche industriali”.

Anche il numero uno di Federmeccanica Federico Visentin ha detto la sua sullo studio: “Si deve tornare a parlare di sviluppo – ha dichiarato il presidente – abbiamo bisogno di certezze del quadro normativo e di strumenti utili per affrontare una transizione difficile. Vere politiche industriali devono ancora essere messe in campo in Italia. Ognuno deve fare la sua parte e noi con il sindacato la stiamo facendo”.

L’Osservatorio Nazionale Automotive ha evidenziato un sostanziale immobilismo da parte dei governi e dei ministeri competenti sul piano della politica industriale, fatta eccezione per i recenti Contratti di Sviluppo per il settore gestiti da Invitalia e altri bandi.

Tra i punti critici in Italia in ottica transizione energetica, bisogna fare i conti con l’assenze di specifici cluster o aree distrettuali oltre al distretto della meccatronica di Bari. Da tenere sotto controllo anche la forte incidenza delle imprese estere nel sistema produttivo automotive italiano della componentistica, con conseguenti rischi sulla localizzazione dei nuovi investimenti.

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