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Catastrofe cosmica, buco nero espulso dalla galassia!

Mar 24, 2017

Ricordate il famoso anime I Cavalieri dello Zodiaco (o, per i puristi, Saint Seiya)? Uno dei miei personaggi preferiti era Saga dei Gemelli, il quale utilizzava un colpo chiamato Galaxian Explosion. Pensavate fosse uno scherzo, o una simpatica invenzione di quel burlone di Kurumada per dotare uno dei suoi personaggi più forti di un colpo impareggiabile? Ebbene, vi sbagliate! Quello che voglio descrivervi oggi è un vero e proprio cataclisma, una catastrofe cosmica in cui abbiamo una vittima, un buco nero supermassiccio, e un colpevole, le onde gravitazionali.

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Al nostro buco nero è toccata una sorte drammatica: nato a sua volta dalla collisione di due buchi neri, è stato sbalzato fuori dalla galassia a causa delle intense onde gravitazionali generatesi dall’impatto. Vediamo di capire meglio cos’è accaduto e come un gruppo di astronomi dello Space Telescope Science Institute (STScI) e della John Hopkins University di Baltimora hanno potuto osservare questo evento.

In effetti la scoperta è avvenuta in maniera quasi casuale, in quanto gli scienziati erano impegnati nella ricerca di emissioni di radiazione in seguito a merging tra galassie distanti, utilizzando l’Hubble Space Telescope (HST), quando si sono imbattuti in un oggetto estremamente strano. Si trattava di un quasar, catalogato come 3C 186, a 8 miliardi di anni luce da noi e posto a una distanza enorme dal centro della sua galassia, dove normalmente ci si aspetterebbe di trovarlo.

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Crediti: NASA, ESA, and M. Chiaberge (STScI and JHU)

Ricordiamo che i quasar non sono altro che nuclei galattici estremamente attivi di galassie probabilmente ancora in formazione. L’origine di un’attività tanto marcata è quasi certamente da ricercarsi in una spiccata dinamicità del buco nero supermassiccio che si trova nel loro centro. Si tratta di oggetti solitamente molto distanti, e per questo motivo molto antichi. Osservare un quasar equivale a osservare le origini dell’Universo per come lo conosciamo oggi.

Incrociando i dati di HST con quelli di Chandra e della Sloan Digital Sky Survey è stato possibile elaborare un modello che descrive lo scenario in cui il cataclisma si è verificato. Con ogni probabilità in origine si trattava di due galassie distinte, le quali si sono in seguito fuse in quello che viene appunto definito “merging”.

Ne è conseguito che anche i due buchi neri centrali sono entrati in una fase di interazione, cominciando ad orbitare l’uno attorno all’altro con un moto a spirale. È proprio questo il momento in cui comincia l’emissione di onde gravitazionali, delle quali di recente è stata verificata l’esistenza e che, come ricorderete, non sono altro che piegature nella struttura dello spazio-tempo generate da eventi estremamente energetici, come appunto la coalescenza di buchi neri o di stelle di neutroni.

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Crediti: NASA, ESA, and A. Feild (STScI)

A questo punto però è accaduto qualcosa di strano. Nel momento in cui i due buchi neri si sono fusi, generando il picco di emissione di onde gravitazionali, il mostro neonato, con una massa di più di un miliardo di volte quella del Sole, è stato sparato fuori dalla sua stessa galassia, tirandosi dietro una scia di gas a lui legato per via dell’attrazione gravitazionale. Come è possibile ciò?

Gli astronomi hanno ipotizzato che i due buchi neri originari dovessero avere masse e momento angolare (responsabile della “rotazione”) molto differenti tra loro. Questo ha generato un’asimmetria nelle onde gravitazionali prodotte al momento della coalescenza, le quali hanno quindi dato luogo a un effetto di rinculo, un po’ come un elastico che torna indietro, causando l’espulsione del buco nero.

L’energia di tale evento deve essere stata immane, perché il buco nero ha viaggiato sinora per più di 35.000 anni luce dal centro della galassia, in pratica molto più della distanza del Sole dal centro della Via Lattea, a una velocità di 7.5 milioni di km/h. Un’energia equivalente a quella di 100 milioni di supernove che esplodono contemporaneamente. A una tale velocità, il buco nero abbandonerà del tutto la galassia di origine nel giro di 20 milioni di anni (un nulla in termini astronomici), continuando a vagare per sempre in giro per il Cosmo come un mostro vorace.

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La scoperta è importante principalmente per diversi motivi. Innanzi tutto perché sinora si è riusciti a osservare soltanto eventi di coalescenza tra buchi neri “stellari”, mentre rimane ignoto come questo possa avvenire tra buchi neri supermassicci. Per questo motivo lo studio di questo strano oggetto può aiutarci a comprendere meglio i meccanismi che regolano il merging tra galassie e la coalescenza dei buchi neri nel loro centro. Inoltre, si spera di riuscire a rilevare in futuro anche i lampi di onde gravitazionali generatesi da fenomeni così catastrofici, in modo da poter meglio comprendere anche la struttura e l’evoluzione dei quasar e la loro evoluzione nell’Universo primordiale.

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Collisione di due buchi neri. Crediti: P. Marenfeld/NOAO/AURA/NSF

Come nota personale infine, mi preme sottolineare come una scoperta del genere sia frutto dell’applicazione delle più recenti tecniche di data mining nei grandi cataloghi. Per intenderci, i dati della Sloan Digital Sky Survey, con i quali sono stati incrociate le osservazioni di Hubble, erano già lì. Non si tratta di nuove osservazioni. Tutto sta nel trovare al loro interno i fenomeni interessanti, combinando eventualmente vecchie e nuove osservazioni in maniera opportuna, grazie anche alle tecnologie messe a disposizione dal Virtual Observatory. Segno che ci stiamo muovendo nella giusta direzione.

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Concludo dicendo che fa una certa impressione, se alziamo lo sguardo al cielo stellato, pensare che questo spettacolo così poetico e meraviglioso possa in realtà celare una natura così violenta e catastrofica. I cieli perfetti e immutabili di aristotelica memoria non sono mai stati così distanti.

Antonio D’Isanto è dottorando in astronomia presso l’Heidelberg Institute for Theoretical Studies in Germania. La sua attività di ricerca si basa sulla cosiddetta astroinformatica, ovvero l’applicazione di tecnologie e metodologie informatiche per la risoluzione di problemi complessi nel campo della ricerca astrofisica. Si occupa inoltre di reti neurali, deep learning e tecnologie di intelligenza artificiale ed ha un forte interesse per la divulgazione scientifica. Da sempre appassionato di sport, è cintura nera 2°dan di Taekwondo, oltre che di lettura, cinema e tecnologia. Siamo felici di annunciarvi che collabora con Tom’s Hardware per la produzione di contenuti scientifici.

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