IL CASO Cambridge Analytica, per stessa ammissione di Facebook, sarebbe arrivato a coinvolgere quasi 90 milioni di utenti in tutto il mondo. E chissà che non siano molti di più. Fra l’altro, il problema si sarebbe verificato anche con altre app e quiz come “This is your digital life”, tanto che, dopo un’inchiesta della Cnbc, anche un’applicazione italiana, CubeYou, è stata rimossa dalla piattaforma con l’accusa, smentita dai responsabili, di aver raccolto informazioni chiedendo l’assenso solo per scopi accademici e non commerciali.
Da due giorni Facebook sta informando gli utenti coinvolti dalla spremitura dei loro dati tramite l’app sviluppata da Aleksandr Kogan. A quanto pare, però, sembra che oltre ai dati contenuti nei profili in “un piccolo numero di casi” che rimane tuttavia da quantificare le informazioni condivise abbiano riguardato anche i post in bacheca e i messaggi scambiati con gli altri utenti. Dunque non solo le informazioni per così dire impostate (nome, foto, città, data di nascita, preferenze e così via) ma anche l’attività “viva” in bacheca e quella riservata su Messenger.
Da Menlo Park non è stato specificato quanti messaggi siano stati analizzati attraverso l’applicazione – e nessun senatore sembra averlo domandato ieri a Mark Zuckerberg, chissà se qualcuno lo farà alla Camera – ma in ogni caso la faccenda apre un’ulteriore finestra nell’affare Cambridge Analytica. Per esempio sugli scopi reali della raccolta e sulla profondità a cui questi programmi di terze parti possono (anzi, potevano secondo Facebook) arrivare. Anche se rimane da chiarire se pure i contenuti di quei messaggi siano stati girati alla società di marketing digitale che ha collaborato con Donald Trump (e non solo).
Secondo Kogan, che ha parlato al Times, i messaggi sono stati raccolti solo da un ristretto numero di persone, “forse duemila”, come parte di un progetto di ricerca a parte col quale Cambridge Analytica non aveva nulla a che fare. Si trattava di un approfondimento per capire come le persone usino le emoji per veicolare le proprie emozioni. Ma anche questo rimane da chiarire: come si è visto in diversi passaggi della vicenda, le reciproche rassicurazioni non hanno impedito a quell’immensa mole di informazioni di circolare ed essere sfruttata per fini politici.