MILANO – Se la Gran Bretagna resterà nell’Unione europea i mercati recupereranno rapidamente il terreno perso da inizio anno, altrimenti l’incertezza continuerà con il rischio di una reazione a catena dagli esiti imprevedibili. “La grande incertezza penalizza le Borse e la Brexit complicherebbe ulteriormente le cose” dice Matteo Ramenghi, chief investment officer di Usb che ricorda come un addio di Londra a Bruxelles aprirebbe “un negoziato lungo altri due anni per gestire l’uscita dalla Ue con tutti i problemi che ne potrebbero derivare”.
In gioco c’è la credibilità dell’intero Vecchio continente già messa a dura prova dalla crisi economica dalla quale la Ue non riesce a risollevarsi. A preoccupare gli addetti ai lavori sono soprattutto le condizioni che potrebbe strappare Londra: “I mercati odiano l’incertezza e due anni di trattative sarebbero devastanti, ma peggio ancora sarebbe un accordo morbido sullo stile di quello di libero scambio che la Ue ha già stipulato con la Svizzera e la Norvegia – dice Ramenghi – In quel caso si creerebbero tutti gli incentivi a uscire dell’Unione europea”. D’altra parte i vantaggi sarebbero gli stessi, ma senza dover rispettare gli obblighi previsti dai trattati in termini di fiscal compact, controllo del deficit e riduzione del debito pubblico. Uno situazione che la Germania vuole evitare come ha ribadito il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble: “La Gran Bretagna sarà dentro o fuori dall’Unione europea, non ci saranno mezze misure”.
Uno scenario che preoccupa i sudditi della Regina, ma che nonostante tutto continua a recuperare terreno tra i bookmakers: le possibilità di uscita sono bancate al 39% e sono in continuo aumento. “Gli sviluppi futuri sono ricchi di incognite – prosegue il Cio di Ubs – a cominciare dalla Scozia che invece nell’Ue vuole restare. Probabile quindi che venga indetto un nuovo referendum sull’indipendenza di Edimburgo da Londra e questa volta potrebbe avere successo, basti pensare che gli scozzesi avrebbero anche voluto adottare l’euro”.
Il primo effetto dell’addio all’Unione europea sarebbe il crollo degli investimenti esteri in Gran Bretagna: da inizio anno il calo è già cominciato, poi ci sarebbero le ricadute sui principali partner economici: “Per l’Italia – dice Ramenghi – non cambierebbe molto, l’export è solo all’1%, ma l’interscambio è molto più forte per la Spagna e per l’Olanda che ha già annunciato di essere pronta a indire un referendum identico a quello inglese in caso di Brexit. Non dimentichiamo poi che la Gran Bretagna ha un forte peso specifico all’interno della Ue, chi potrebbe farsene carico?”. Dal punto di vista economico il Regno Unito rischia di perdere un paio di punti di Pil, ma l’Europa rischia di sciogliersi come neve al sole, “soprattutto se il 26 giugno Podemos si trovasse al governo in Spagna aprendo il fronte delle forze populiste. Da inizio anno le Borse europee hanno già perso il 14% del loro valore, mentre Wall Street è sopra la parità. L’effetto del combinato disposto sarebbe devastante”.