Chi era Giacomo Becattini? La domanda intimamente collegata a un’altra domanda: chi siamo noi? Giacomo Becattini ha trascorso la sua vita di studioso a cercare di capire alcuni degli elementi pi sfuggenti dell’identit italiana. I distretti non sono soltanto l’adattamento al paesaggio industriale italiano del canone marshalliano. Roba da economisti. No, i distretti sono anche la rappresentazione civile e sociale, antropologica e culturale dell’anima dell’Italia di mezzo. Nell’eterna distinzione fra citt e contado, agglomerazioni urbane e province, grandi fabbriche e piccole imprese, i libri di Becattini – e quelli dei suoi allievi concentrati soprattutto nell’universit di Firenze – aiutano a comprendere alcuni tratti distintivi del nostro carattere nazionale.
La manifattura in cui l’organizzazione industriale conserva una dimensione – quasi una tattilit – artigianale. I laboratori che danno direttamente sulle piazze dei piccoli centri. Gli operai che si fanno tecnici e i tecnici che si fanno imprenditori. Questa realt, che probabilmente stata rimodulata in senso drastico dall’ultima globalizzazione, costituisce non soltanto un pezzo fondamentale dei nostri anni Settanta, Ottanta e Novanta. Questa realt – pur nella sua mutevolezza storica – rappresenta anche una parte del Dna di un Paese che, nonostante la crescente marginalizzazione, continua ad affondare le sue radici nell’Italia dei Comuni e nell’Italia rinascimentale. In quella Italia di mezzo che, ancora oggi, rappresenta qualcosa di cui non possiamo fare a meno.
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