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Bari, ex operai Natuzzi pronti a restituire gli incentivi all’esodo: “20mila euro per farci riassumere”

Gen 4, 2017

Restituire denaro all’azienda per farsi riassumere. Il lavoro in Puglia non ha prezzo. Lo sanno bene alcuni ex operai Natuzzi, pronti a dare dei soldi all’impresa produttrice di divani per tornare a lavorare. Ciò che sta accadendo nell’azienda di Santeramo in Colle potrebbe diventare un caso di studio. Gli ex dipendenti del gruppo di Pasquale Natuzzi sono disposti a ridare indietro all’azienda dai 20mila ai 30mila euro. Sono i soldi dell’incentivo all’esodo e del cosiddetto Piano assist, una misura inventata dall’azienda per liberrsi degli esuberi.

Per capire meglio la storia bisogna fare un salto indietro a luglio scorso. In quel momento i rapporti tra Natuzzi e sindacati sono pessimi. L’azienda è tornata a lavorare nei suoi stabilimenti riportando in fabbrica circa 1800 persone. Sono rimasti fuori però in 355 e vengono tutti dichiarati in esubero. Di questi, 140 accettano l’incentivo per lasciare il lavoro: 40mila euro di contributo (più 1.500 euro per figlio a carico e 3.500 euro per la moglie) e 20mila euro del piano assist (5mila euro all’ex dipendente e addirittura 15mila euro di incentivo all’azienda che decidesse di assumerlo). In totale più di 60mila euro per abbandonare il gruppo.

Gli altri 215 invece vengono licenziati in tronco. Dopo mesi di scontri fra le parti, a novembre scorso a Roma si raggiunge un accordo e Natuzzi accetta di rivedere il suo piano industriale riprendendo a lavorare tutti i 215 licenziati per realizzare una newco nello stabilimento di Ginosa. Il piano prevede di internalizzare alcune produzioni che fino ad allora Natuzzi ha esternalizzato, come la lavorazione della gomma necessaria a realizzare le imbottiture dei divani.

Tutti contenti? Per niente. Poco meno di due settimane fa si viene a sapere che dei 215 fortunati riammessi a lavorare, solo in 32 hanno accettato la proposta dell’azienda. Gli altri 183 ex lavoratori hanno invece rifiutato la ricollocazione per continuare a percepire dall’Inps l’assegno di mobilità (1.200 euro lordi al mese). Un rifiuto che scatena l’indignazione degli stessi sindacati.

Ultimamente, però, in Natuzzi non sembrano mancare le sorprese e così in questi giorni si sono rifatti vivi una decina di quegli ex 140 dipendenti che hanno preso l’incentivo per lasciare l’azienda. La richiesta è semplice: restituire parte dell’incentivo per tornare a lavorare nella newco di Ginosa. Domenico Di Fonzo, operaio di Santeramo in Colle, è uno di quei dieci che vorrebbero tornare a produrre divani: “Nei mesi scorsi non sapevamo cosa fare – confida il 57enne con moglie e figlia a carico che ha lavorato per 28 anni in Natuzzi come magazziniere – eravamo terrorizzati dal licenziamento. Io ho accettato l’incentivo perché non sapevo cosa fare. Non sapevo neanche che l’azienda volesse riaprire Ginosa. Ora ridarei volentieri indietro parte dell’incentivo per tornare a lavorare, anche perché mi mancano ancora dieci anni per arrivare alla pensione”.

Come Di Fonzo se ne calcolano al momento altri dieci, ma potrebbero essere di più. Un segnale positivo, secondo i sindacati: “È un peccato che ci sia gente che vuole lavorare e sia andata via da Natuzzi accettando l’incentivo solo perché veramente non sapeva cosa fare – commenta Silvano Penna, segretario regionale della Fillea Cgil – la richiesta di questi lavoratori è da apprezzare, anche perché c’è chi ha avuto l’opportunità di tornare a lavorare e l’ha rifiutata, sputandoci sopra. L’azienda, che ha già fatto sforzi in questi mesi, dovrebbe dare una possibilità a questi suoi ex operai”.

Dal fronte della Natuzzi non arrivano risposte ufficiali, ma c’è anche chi fa notare che sarebbe troppo facile tornare a lavoro restituendo solo i soldi del Piano assist, per tenersi in tasca i 40mila euro del resto dell’incentivo. La pensa così anche Salvatore Bevilacqua, segretario regionale della Feneal Uil Puglia: “Il rischio è che si creino diseguaglianze fra i lavoratori. Quelli che vogliono tornare a lavorare dovrebbero

tenersi i soldi del piano assist e restituire i restanti 40mila euro”.

Lo stesso Bevilacqua, però, invita l’azienda ad aprire le porte ai dieci operai pentiti: “Di fronte allo scandalo dei 180 che hanno rifiutato il lavoro a Ginosa, questi dieci che vogliono tornare sono un bel segnale. Poi i dettagli su cosa restituire sono un contorno importante, ma solo un contorno che si potrebbe discutere. Questo è il segno che l’azienda è viva”.

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