Uno è il primo gruppo vinicolo non cooperativo d’Italia (170 milioni di fatturato wine nel 2015 che superano i 200 con ricettività e ristorazione), da sempre in mano alla stessa famiglia, che da tempo ha scelto la strada meno battuta: produrre vini di qualità solo con vigneti diretti. L’altro è uno dei fashion brand più famosi al mondo, icona di stile e di lusso, oggi quotato in Borsa ma saldamente in mano alla famiglia fondatrice.
Antinori e Ferragamo non sono legati solo dalle radici fiorentine, ma anche da amicizia e stima, al punto che Ferruccio Ferragamo, presidente del gruppo di moda, è uno dei tre gestori del Trust Piero Antinori, l’istituto d’origine anglosassone a cui la famiglia di “vinattieri dal 1385″ ha conferito quattro anni fa l’intera proprietà della holding del gruppo che controlla anche l’azienda vinicola. Obiettivo è quello di legare, anche per il futuro, la Marchesi Antinori alla famiglia che la guida da 26 generazioni, oggi rappresentata da Piero e dalle figlie Albiera, Allegra e Alessia, dando garanzie agli eredi per almeno 90 anni.
Ma oltre che da stima e amicizia, Antinori e Ferragamo sono legati anche dalla passione per il vino, che per Antinori rappresenta il core business e per Ferragamo una delle attività diversificate del gruppo, sviluppata nella tenuta di 700 ettari del Borro, nel Valdarno aretino, borgo medievale con 45 ettari di vigneti affidato alle cure di due figli di Ferruccio, Salvatore e Vittoria.
Doppia scommessa sul Rosato
E proprio sul fronte vinicolo le due griffe in questi mesi hanno imboccato una strada originale per la Toscana: puntare sul rosato con nuove etichette che hanno, ciascuna in “casa propria”, caratteri assai innovativi.
Il vino firmato Antinori si chiama A, dall’iniziale del nome della fattoria maremmana Aldobrandesca in cui viene prodotto in edizione limitata: 10mila bottiglie nel 2015, dal vitigno Aleatico. “E’ un prodotto di iper nicchia – spiega Renzo Cotarella, amministratore delegato di Marchesi Antinori – perché fatto in una delle poche zone toscane di origine vulcanica, con un vitigno poco conosciuto come l’Aleatico (utilizzato all’isola d’Elba per il passito), che ha caratteristiche particolari in termini di equilibrio, acidità, colore e ha pochi tannini. L’espressione aromatica si realizza con la maturazione, ma se diventa troppo alcolico brucia invece di essere fresco”. In pratica, spiega Cotarella, “fare un vino rosato sembra facile, ma farlo bene non lo è affatto, perché non deve essere troppo alcolico, non deve essere tannico, occorre un vigneto da rosato, e l’aleatico è uno di questi”. Per ottenere “A”, alla fattoria Aldobrandesca hanno lavorato fin dal 2011.
“Per il rosato abbiamo sempre avuto una predilezione – spiega Cotarella – a partire da Bolgheri, ma abbiamo continuato a farlo anche nell’area di Santa Cristina (vicino a Cortona, ndr) e lo facciamo nel Salento. In tutto si tratta di quasi 1 milione di bottiglie, ma non è solo questione di quantità: è la capacità dell’azienda di specializzarsi anche su produzioni di nicchia, confrontandosi con tante varietà e tanti luoghi che ci hanno permesso di sviluppare una buona sensibilità per questo prodotto: ormai la struttura tecnica e enologica del gruppo conosce bene il rosato”.
Bollicine Rosé
Del resto oggi, aggiunge Cotarella, l’interesse per i vini rosati sta conquistando i mercati e non è più solo concentrato in Francia, ma si è esteso agli Stati Uniti, al Canada. La Toscana non è mai stata terra di rosati – anche perché i vini rossi hanno sempre avuto la priorità – ma ora, con l’avvento di nuove aree vinicole, la scoperta di nuove varietà e le nuove sensibilità del mercato, la produzione di rosato sta aumentando.
Prova ne è la nuova etichetta di bollicine rosé targata Ferragamo: “Bolle di Borro”, 100% Sangiovese prodotto con metodo classico lasciato maturare per 48 mesi sui lieviti. “Abbiamo intrapreso la difficile sfida di applicare il metodo classico a un Sangiovese – spiegano al Borro – che con la sua schiena acida e una struttura fruttata, lasciata maturare per 48 mesi sui lieviti, acquisisce note aggrumate e di pane”.
Le uve di “Bolle di Borro” provengono da un vigneto biologico e per quest’anno sono state prodotte 6.000 bottiglie, che vanno nella direzione indicata da Ferruccio Ferragamo: “Vogliamo aumentare la produzione vinicola della tenuta – afferma – e qualificarla sempre più nella fascia alta”. La stessa della moda, ça va sans dire.