MILANO – I centri studi dei sindacati mettono nel mirino i dati sulle assunzioni e con essi le debolezze del mercato del lavoro italiano. Secondo la Fondazione di Vittorio della Cgil, che rielabora i dati Inps, nei primi nove mesi del 2016 sono state registrate 926.000 assunzioni a tempo indeterminato con un calo del 32% sullo stesso periodo del 2015 mentre sono aumentate le assunzioni a termine (a 2,7 milioni) e quelle stagionali (a 470.000). Nel periodo, risulta che quasi il 75% dei nuovi contratti aveva un termine.
Si torna quindi a criticare la crescita dei rapporti stabili, che ha caratterizzato il 2015, ma che a detta del sindacato era trainata dagli sgravi contributivi. Il saldo occupazionale totale (attivazioni meno cessazioni) del tempo indeterminato (incluse le trasformazioni che riguardano rapporti di lavoro già esistenti) – spiega la Cgil – resta attivo (+47.000) nel 2016, anche se drasticamente ridotto rispetto al 2015 (+520.000) e inferiore al 2014 (+105.000). Se si considera che nel periodo si è ridotto in modo consistente il numero dei pensionamenti, il saldo positivo si aggira sulle 8.000 unità. Quel che forse preoccupa maggiormente è che le assunzioni a tempo indeterminato nei primi nove mesi del 2016 – sottolinea la Cgil – sono state inferiori anche a quelle del 2014 (-65.000, pari a -6,5%) quando non c’erano sgravi contributivi e del 2013 (-85.000, pari a -8,4%).
“Le assunzioni a termine, in forte crescita, a oltre 2,7 milioni, e le assunzioni stagionali pari a 470.000 unità – si legge nello studio – rappresentano quasi il 75% dei nuovi rapporti di lavoro. Anche le trasformazioni in tempo indeterminato (226.000) sono in calo sia rispetto al 2015 (-118.000, -34,4%) che al corrispondente periodo del 2014 (-39.000, -14,4%). Nei primi nove mesi del 2016 è aumentata anche la vendita dei voucher con acquisti di buoni superiori a 109 milioni di unità (+128% rispetto ai primi 9 mesi del 2014).
Di lavoro e situazione economica delle famiglie ha riflettuto anche la Cisl, per la quale quest’anno il quadro finanziario dei nuclei appare migliore del 2015, soprattutto per quanto riguarda il lavoro e la coesione sociale. Ma, sostiene il sindacato nel suo Barometro del Benessere/Disagio delle famiglie sul II trimestre 2016, per tornare ai livelli occupazionali pre-crisi bisogna agire sull’Irpef riducendone il peso per i redditi da lavoro dipendente e da pensione in modo da far crescere la domanda interna. Per la Cisl “la ripresa dell’Italia resta tra le più fragili dell’Ue e la situazione si prospetta negativa anche nel 2017”.
Nonostante le “risorse ingenti” messe in campo dal Governo – sottolinea il sindacato – il Pil nel secondo trimestre dell’anno è rimasto al palo, segno del fatto che le terapie tradizionali non bastano a rilanciare l’economia. Ci vuole – si legge nello studio – una politica redistributiva a favore dei redditi medi e bassi, riformando l’Irpef, con effetti di significativo rilancio della domanda aggregata interna. Questa è “la vera risposta al fattore principale della crisi”.