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La band di pop economico e tributario nata al Sole 24 Ore pubblica «Il nostro prossimo cd», una Spoon River della vita d’ufficio. Tra inglesismi a tutti i costi e la sindrome di Altafini
di Francesco Prisco
21 dicembre 2019

3′ di lettura
A volte ritorno. Nel caso dei Ciappter Ileven, band acustica fondata dai giornalisti del Sole 24 ore Mauro Meazza (voce e chitarra), Stefano Elli (chitarra e voce) e Marco lo Conte (basso e cori), c’è da dire che tornano puntali ogni anno: il loro concerto benefico, all’Auditorium della redazione in via Monte Rosa, è appuntamento fisso sul calendario pre natalizio. E il Natale 2020 non fa certo eccezione: ci si vedrà domenica 22 dicembre alle 18, stavolta per la buona causa della Grande Casa.
Ritorno col Nostro prossimo cd
Titolo della serata: Il complotto dell’algoritmo. Stavolta l’occasione è davvero speciale, almeno quanto lo fu quella del concerto di Natale 2014: signore e signori, i Ciappter hanno sfornato un nuovo album, a cinque anni di distanza dall’esordio di Macel’aveteilcd. È una specie di work in progress, pieno di «work» che la fanbase degli alfieri del pop economico e tributario ha già avuto modo di apprezzare dal vivo in questi anni, così «in progress» da intitolarsi in un modo indefinito e futuribile: Il nostro prossimo cd. In cinque anni è cambiato il mondo – fuori Obama dentro Trump, via Renzi eccoti prima i gialloverdi, poi i giallorossi – e in mezzo a questo mondo siamo cambiati un po’ pure noi. Pane per i denti dei Ciappter, attentissimi osservatori e soprattutto descrittori del panta rei politico-burocratese.
Il ritmo dell’algoritmo
E così, se l’altro ieri il bersaglio era l’implacabile agente delle Entrate Attilio Befera e ieri la ministra tecnica Elsa Fornero che gli dava al Ciusi, questo è tempo di prendersela con l’algoritmo, divinità laica che quotidianamente pretende sacrifici umani. «C’era una volta un bell’algoritmo/ che si muoveva di qua e di là/ gironzolava sul web col ritmo/ di chi sa già quello che farà/ andava matto per Cipro e Malta/ dove si fanno le società/ i trust di diritto turco/ o se ti piace una bella spa», canta Meazza ne L’algoritmo, brano d’apertura dell’album. Il riferimento musicale e poetico continua a essere la scuola milanese del teatro canzone, in particolare l’ultimo Gaber che un pezzo così molto probabilmente si sarebbe divertito a interpretarlo.
La sindrome di Altafini
Avanti il prossimo: ce n’è per tutti. Per Il Nomade di lavoro, anatomizzato in forma di rap, Il Consulente per il quale è subito pronto un combat folk («Il mio bancario è un consulente/lui mi risponde di domenica/risolve tutti i miei problemi/ senza neanche far la predica»), per il collega di Napoli che vive e lavora a Milano da 40 anni (Padanamente) ma continua a parlare napoletano in virtù di quello che un socio-linguista chiamerebbe «effetto Martha’s Vineyard» ma per i Ciappter è molto più semplicemente la «sindrome di Alfafini». Nel senso di José: con una doppietta regalò la Coppa dei Campioni al Milan ed era il 1963, ma nel 2019 è ancora tutto un «incredibile amisci».
La dittatura degli inglesismi
C’è lo stillicidio dei pendolari in tangenziale (In itinere) e la dittatura degli inglesismi che esplode nella ballata Beggiamo («Bypassiamo questo meeting e matchiamo/io ti ho schedulato, sai). L’ultimo disco dei Ciappter è una specie di Spoon River delle vita d’ ufficio, un «come eravamo» dietro la scrivania negli anni Dieci, un «oggetto vintage» come, appunto, un cd, un giornale cartaceo o un biciclo ottocentesco ma senza raggi, tipo quello che Adriano Attus piazza in copertina. Questo mondo sa essere selvaggio e cavarsela è dura, diceva un folksinger barbuto. Devi tirare fuori la bestia che è in te, ma occhio: se è una Foca Monaca e tu sei maschio, la crisi di identità è dietro l’angolo.