Bene, pericolo scampato. Però, anche se la montagna è tornata alla sua classica immagine invernale, gli operatori non si fanno più sorprendere. «Meglio prevenire che curare», dice Diego Clara di Dolomiti Sky. «Per evitare problemi la nostra strategia è di aumentare la capienza dei bacini di raccolta idrica in estate. Tutta acqua che poi ci serve per fare neve. Il problema, con finestre di freddo sempre più corte, è che bisogna produrre più neve possibile con poco tempo a disposizione».
Bene ma, neve permettendo, quali sono le novità per chi va in montagna? «La nostra parola d’ordine», prosegue Diego Clara è diversificare. «Sciare è bello, ma adesso ai giovani piacciono anche altre opzioni: lo snow board e il freestyle sono molto praticati da chi cerca emozioni più forti. Abbiamo anche diversi snow park per chi ama divertirsi con gli sci a doppie punte, fare salti ed evoluzioni su piste preparate con rampe artificiali».
Tutti funamboli? E chi vuole solo ammirare un bel panorama? «Ormai lo sappiamo. Chi acquista uno sky pass non vuole solo sciare: lungo i nostri 1200 km di piste, abbiamo circa 400 rifugi dove si mangia come nei migliori ristoranti. Poi ci sono accoglienti alberghi con piscine termali e spa. Musei, mercatini, concerti ed incontri culturali. Pensiamo alle famiglie, ai bambini, a chi vuole solo rilassarsi». Infine un dato che colpisce. «Con i nostri 450 impianti di risalita, riusciamo a spostare 670mila persone all’ora», conclude Clara.
Un dato impressionante, quasi come spostare gli abitanti di Genova, che accende il dibattito tra ambientalisti e chi invece vive e lavora proprio grazie alla stagione sciistica. I puristi accusano: ma così non si distrugge la montagna? «Io invertirei il problema», dice ancora Valeria Ghezzi. «Con gli impianti di risalita si va dove a piedi non andremmo mai. Gli ambientalisti ci vedono come cavallette, ma non siamo la controparte. Non solo presidiamo il territorio, ma offriamo anche occupazione a persone che altrimenti andrebbero via. Diamo lavoro a circa 11mila persone che però diventano quasi 60mila in termini di indotto complessivo. Senza di noi, la montagna sarebbe abbandonata. Fateci caso: dove ci sono le piste, le frane non ci sono. Aumentano invece sulle strade, come è successo in Valtellina. Questo significa che dove siamo presenti, il territorio è ben salvaguardato».
Anche Paolo Cognetti è perplesso. «Non amo lo sci da pista, preferisco uno sci più gentile come quello da fondo. Ma quella del turismo è l’unica economia su cui si sostiene la montagna. Io vivo a duemila metri vicino a un piccolo impianto di risalita che dà lavoro a due ristoranti e altre attività. Non vedere queste cose sarebbe sbagliato. Quanto ai cambiamenti climatici, non ho certezze. Ogni anno è diverso da quello precedente. Sappiamo che le temperature si sono alzate, ma ben poco sulle precipitazioni. Che a volte, come quest’anno sono ancora più intense. Noi siamo preparati alla neve, a tantissima neve. Meno alla pioggia e al forte vento, come quello che ha colpito i boschi del Nord Est».