MILANO – L’innalzamento dello spread italiano ha riportato il debito del Belpaese sotto la lente dei mercati: ieri il differenziale di rendimento tra Btp e Bund decennali ha sfondato quota 180 punti, mentre oggi è tornato sotto la soglia di 175. I rendimenti dei titoli di Stato stanno crescendo diffusamente nel globo: gli investitori sono convinti che se il presidente eletto degli Usa, Donald Trump, applicasse le politiche economiche che ha promesso ci sarebbe maggior inflazione, con la Fed portata a rialzare i tassi più in fretta. Ma, d’altra parte, se lo spread sale significa che i rendimenti italiani stanno crescendo più in fretta degli altri, tedeschi in particolare ma anche spagnoli. Ecco allora che gli investitori leggono nella specificità italiana un riferimento particolare all’attesa per il referendum costituzionale di inizio dicembre. Lo stesso premier Matteo Renzi ha puntato il dito contro l’incertezza creata da quella data, aprendo per altro alle critiche di chi vede il richiamo dei mercati strumentale al convincere i cittadini ad esprimersi in un modo piuttosto che nell’altro.
PERCHE’ L’ITALIA TORNA A SOFFRIRE IL MAL DI SPREAD
Il grafico dello spread italiano: è tornato in area 175 punti, praticamente il doppio di quello che si registrava un anno fa
I mercati azionari europei avviano gli scambi con variazioni minime: Milano segna un rialzo dello 0,4%. Grande attenzione sul comparto bancario italiano, dopo che Mps ha annunciato la conversione di 11 bond per un controvalore di 4,3 miliardi.
L’effetto della elezione di Donald Trump alla presidenza Usa rafforza ancora il dollaro, con lo yuan che scivola a ridosso dei minimi degli ultimi 8 anni, dopo l’ottava seduta di fila al ribasso: la Banca centrale cinese ha fissato la parità a 6,8495, in calo di 204 punti base. Sul trend pesano le incertezze sull’outlook dei rapporti commerciali tra Usa e Cina, date le dichiarazioni di Trump sul tema, tra protezionismo e sanzioni, fatte in campagna elettorale. L’euro si stabilizza invece in area 1,075 dollari.
Dal fronte macroeconomico si registra la battuta d’arresto del Pil tedesco, che ha guadagnato lo 0,2% sul trimestre precedente contro il +0,4% del secondo trimestre 2016 ed il +0,7% del primo. Secondo i dati di Destatis, che su base annua rileva nel terzo trimestre un +1,5% rispetto al +3,1% del secondo trimestre e un 1,5% nel primo. A pesare soprattutto il calo dell’export. Si aspetta in giornata anche il Pil italianoe dell’Eurozona, mentre l’inflazione in Francia è stata nulla a ottobre. Da seguire anche i prezzi in Spagna e lo Zew tedesco. In Giappone gli ordini di macchine utensili ad ottobre, nella lettura finale, sono calati dell’8,9% rispetto al 2015. Negli Usa si guarda poi alle vendite al dettaglio, alle scorte delle imprese e all’indice Empire Manufacturing.
Chiusura mista, ieri, per la Borsa di Wall Street con l’indice Dow Jones che segna +0,11% a 18.868,69 punti, mentre il Nasdaq cede lo 0,36% a 5.218 e l’S&P 500 chiude stabile a 2.164 punti (-0,01%). In mattinata, la Borsa di Tokyo ha chiuso piatta (-0,03% per il Nikkei), mentre le Piazze cinesi hanno preso strade diverse con Shanghai debole (-0,11%) e Shenzhen in rialzo dello 0,74%.
Quotazioni del petrolio in rialzo stamane: il Brent guadagna l’1,44% a 45,07 dollari al barile, mentre il Wti sale dell’1,73% a 44,07 dollari al barile. Prezzo dell’oro in lieve recupero in Asia dopo il tonfo della scorsa settimana in seguito al voto Usa. Il lingotto con consegna immediata recupera lo 0,8% e passa di mano a 1.224 dollari l’oncia.