La rete del “supremo” di ‘ndrangheta perde ancora pezzi. Questa volta – con l’operazione Sansone in corso nella provincia di Reggio Calabria – sono infatti 26 gli uomini della cosca fermati con l’accusa di associazione mafiosa.
Gli uomini del Ros guidati dal colonnello Leandro Piccoli, lo squadrone eliportato Cacciatori Calabria e l’8 nucleo elicotteri Carabinieri di Vibo Valentia stanno infatti eseguendo i fermi su delega del pm Giuseppe Lombardo della Dda di Reggio.
L’indagine ha permesso di ricostruire la rete dei fiancheggiatori del capo mafia Domenico Condello, detto Micu ‘ u pazzu, condannato all’ergastolo, cugino del “supremo” Pasquale Condello. Quando il 10 ottobre 2012 Domenico Condello venne arrestato a Reggio Calabria, dopo oltre 20 anni di latitanza, i Carabinieri ebbero la consapevolezza di aver tolto di mezzo l’ultimo leader di peso della cosca.
A distanza di quattro anni giunge un nuovo e importante colpo che riveste di nuova luce anche quanto accaduto il 13 aprile di quest’anno in video conferenza nel corso del processo di appello dell’indagine Meta a Reggio Calabria. Il “supremo” si presentato all’udienza con un abbigliamento “pre” ed uno “post” messaggio visivo in video conferenza.
Il “pre” – stoppato dalla polizia penitenziaria – era fatto di abiti stracciati e lisi e un sacchetto di spazzatura in mano. Il “post” di abiti pinti e lindi.
Condello sapeva che sarebbe arrivato il doppio messaggio: “pre” e “post” sceneggiata. Dunque il “pre”, zozzo e sporco, potrebbe rappresentare una situazione di drammatico disagio che sta vivendo la sua cosca e che questa operazione sembra confermare.
Il “post” potrebbe rappresentare il ritorno, lindo e pinto, al “bengodi” ‘ndranghetistico solo che siano (o fossero) tolti di mezzo gli ostacoli che stanno rendendo complesso da troppo tempo il suo cammino glorioso.
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