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Propulsione elettromagnetica, il motore impossibile funziona

Nov 7, 2016

Un leak dell’attesa relazione degli Eagleworks Laboratories del NASA Johnson Space Center rivela le conclusioni dello studio sul motore a propulsione magnetica. Qualche tempo fa vi avevamo anticipato che gli esperti NASA stavano testando l’EM Drive, il motore a propulsione magnetica che potrebbe portare l’uomo su Marte in 70 giorni. C’è grande attesa sulla relazione dettagliata dei test e le relative conclusioni, di cui si attende la pubblicazione sul Journal of Propulsion and Power dell’American Institute of Aeronautics and Astronautics, dopo l’obbligato processo di peer-review.

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Questo passaggio non è ancora avvenuto, ma online è trapelato un leak dei contenuti, accessibile a questo indirizzo (in inglese). La sostanza è che il controverso sistema di propulsione funziona davvero, ed è in grado di generare una spinta impressionante nel vuoto, anche tenendo conto di errori di misurazione.

Per capire che cosa significa quest’affermazione è necessario sapere che l’EM Drive è un’unità elettromagnetica su cui si dibatte da più di 15 anni, perché il suo principio di funzionamento contrasta con la terza legge del moto di Newton, in cui si afferma che “per ogni azione esiste una reazione uguale e contraria“. In sostanza, nei motori a razzo tradizionali il flusso di propellente espulso attraverso lo scarico crea una reazione opposta che spinge la navicella spaziale in avanti. L’idea di base dell’EM Drive invece è quella di convertire l’energia elettrica in una spinta, senza espulsione di propellente.

I ricercatori statunitensi hanno più volte fatto appello alla cautela e sicuramente il loro lavoro accenderà un dibattito nella comunità scientifica. Probabilmente è per questo che, nonostante le indiscrezioni sul fatto che la relazione conclusiva abbia superato il processo di peer-review, non è stata ancora pubblicata su alcuna rivista accademica. Il leak che abbiamo linkato in questa notizia quindi è al momento da prendere come un documento che non beneficia di alcuna verifica esterna.

Tenendo bene a mente questo particolare non da poco, vale la pena comunque riportare che – secondo le conclusioni – prendendo in considerazione anche eventuali errori di misurazione, l’EM Drive sarebbe in grado di generare una “spinta nel vuoto con un rapporto di potenza di 1,2 ± 0,1 millinewton per kilowatt”.

Per raffronto, i propulsori a effetto Hall attualmente allo studio generano una spinta di 60 millinewton per kilowatt. Tuttavia questi ultimi fanno uso di combustibile e pertanto obbligano la navicella spaziale a trasportare un peso maggiore, che potrebbe compensare la maggiore potenza di spinta.

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Ricordiamo che la terza opzione sono i veicoli spaziali a vela solare, che non necessitano di alcun carburante perché sfruttano i fasci di luce solare per spingere in avanti la navicella, ma generano solo una forza massima di 6.67 micronewton per kilowatt, ossia due ordini di grandezza in meno rispetto all’EM Drive.

Da ricordare che il team Eagleworks non ha condotto test mirati a ottimizzare le prestazioni dell’EM Drive – che potrebbero migliorare con ulteriori modifiche – ma a valutarne il funzionamento e ad escludere anomalie che al momento non sembrano essere emerse. Detto questo, in ogni caso anche questa relazione non chiude tutti i dubbi: secondo i ricercatori stessi saranno necessarie ulteriori ricerche.

Quel che è certo è che ormai molti scienziati stanno prendendo sul serio la possibilità di viaggiare nello Spazio senza bisogno del combustibile per razzi. Fra questi Roger Shawyer, l’inventore britannico che per primo propose l’EM Drive, che a fine ottobre ha presentato all’Intellectual Property Office del Regno Unito un nuovo brevetto per una soluzione più facile da costruire e capace di produrre più spinta. Restate sintonizzati.

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