ROMA – Anticipare il 100% della pensione futura, ne costerà un quinto. Lo scrive nero su bianco, per la prima volta, lo stesso governo nelle slide in cui spiega la manovra. Il calcolo è presto fatto: chi desidera usufruire dell’Ape, il prestito pensionistico, deve fare i conti con un assegno più magro in futuro. Di quanto? Del 5,5% annuo. E dunque se l’anticipo è massimo – tre anni e sette mesi prima del requisito di vecchiaia – si rinuncia al 20% della pensione a causa della rata ventennale da restituire, appesantita dagli interessi bancari e dal premio assicurativo.
Il governo conta di chiudere un accordo con Abi e Ania – le associazioni di banche e assicurazioni – per tenere i tassi al livello più basso possibile. Ed è anche vero che una detrazione ad hoc consentirà di scontare interessi e premio del 50% (lo Stato ne copre la metà). Ma nonostante questo – ed è lo stesso governo a fare i calcoli – la pensione futura di chi opta per l’Ape sarà più povera. Solo se l’anticipo non fosse totale – ad esempio si fermasse all’85%: chiedo di avere l’85% della pensione – la riduzione dell’assegno futuro sarebbe meno onerosa, dell’ordine del 4,6-4,7% l’anno. Tanto quanto comunicato sin qui e in più occasioni dal sottosegretario Tommaso Nannicini. In ogni caso, un taglio vicino al 15% per quanti escono tre anni e sette mesi prima.
Più in generale, si può ben dire – e gli economisti di Palazzo Chigi lo fanno nelle slide – che il prestito costerà tra il 2 e il 5,5% all’anno a seconda di quante Ape si chiede: un costo massimo se si chiede il 100%, a scalare se serve solo un pezzetto. E’ l’Ape à la carte. Ovviamente qui si parla di Ape volontaria, l’anticipo pensionistico aperto a statali, autonomi e privati che nel 2017 compiono 63 anni, sono a 3 anni e 7 mesi dalla pensione di vecchiaia e possono contare su almeno 20 anni di contributi versati.
Altro discorso per l’Ape sociale – totalmente coperta dallo Stato, almeno fino a 1.500 euro lordi di pensione – e riservata a chi è in condizione di bisogno: disoccupati, invalidi o con familiari disabili a carico, impiegati in professioni gravose (ma in questi ultimi due casi occorrono 30 o 36 anni di contributi). Se il beneficiario è in queste categorie – ma con una pensione superiore a 1.500 euro – e desidera accedere all’Ape, pagherà una rata minore sulla differenza. C’è poi una terza categoria di Ape, quella aziendale: la possibilità cioè di uscire prima per chi rientra in un piano di ristrutturazione o trova un accordo con l’azienda che può coprire per intero i costi.
L’Ape potrà essere richiesta dal primo maggio 2017. L’intero pacchetto previdenziale (compreso l’aumento delle quattordicesime e le norme per lavoratori precoci e impegnati in attività usuranti) costa 6,8 miliardi tra 2017 e 2019. E 24,3 miliardi cumulati tra 2017 e 2026 (in media 2,4 miliardi l’anno).