MILANO – La notizia di un supplemento d’indagine da parte dell’Fbi sulle mail di Hillary Clinton, candidata democratica alla Casa Bianca che sembrava lanciatissima verso la vittoria contro il repubblicano Donald Trump, ha gettato lunghe ombre anche sui mercati finanziari, con Wall Street che ha annullato i guadagni all’uscita della notizia – nella serata di venerdì – fino a chiudere poco sotto la parità. Due altri modi diretti per testarlo, suggeriti dall’agenzia finanziaria Bloomberg: il calo delle possibilità attribuite dagli operatori dei listini a una stretta monetaria da parte della Federal Reserve nella riunione di dicembre e il conseguente apprezzamento dei Treasury, i titoli di Stato americani, con opposto calo dei rendimenti.
I bond mondiali erano infatti al centro di una settimana di vendite, generate dall’aspettativa per una ripresa dell’inflazione e quindi una “normalizzazione” economica complessiva. Questo movimento, corroborato dagli ultimi dati positivi giunti sul Pil Usa (in crescita di un sorprendente 2,9% nel terzo trimestre, secondo le prime stime) e sui prezzi tedeschi (più forti del previsto), aveva portato a un generalizzato innalzamento dei rendimenti di titoli di Stato. Secondo il Bloomberg Barclays Global Aggregate Index, che traccia ogni genere di obbligazione (dalla pubblica a quella corporate), nel mese terminato il 27 ottobre i bond mondiali hanno subito una perdita del 2,9% che non si vedeva dal maggio 2013, qundo Ben Bernanke segnalò l’inizio della fine del Quantitative easing a stelle e strisce. “I gestori di portafogli, le banche e i fondi speculativi hanno passato anni ad accumulare bond (in particolare governativi) convinti che le Banche centrali sarebbero andate avanti a lungo a comprarli”, ha spiegato Tom di Galoma di Seaport Global Holdings all’agenzia Usa. “Ma adesso siamo in vista di un cambio di passo da parte dei governatori”.
Il calo dei rendimenti dei titoli a 2 anni dopo la notizia dell’indagine Fbi su Clinton: per i mercati rischia di allontanarsi la stretta monetaria della Fed
In questo clima, le sale operative davano ormai per scontata la mossa della Federal Reserve di rialzare i tassi, nella riunione del prossimo dicembre. Le probabilità implicite attribuite dai Fed Funds erano arrivate intorno all’85%. Ma la notizia dell’Fbi in azione ha di nuovo cambiato le carte in tavola, mettendo in dubbio la facile vittoria di Clinton: le probabilità di una stretta sui tassi sono scese nel giro di pochi minuti sotto il 70%. Contestualmente, i titoli di stato sono tornati a salire e i rendimenti a scendere, pronosticando un supplemento di politica espansiva. “E’ un piccolo assaggio di quel che i mercati obbligazionari farebbero se Trump fosse eletto”, ha annotato il trader Thomas Roth: “I mercati hanno chiarito che pensano che una vittoria di Trump sarebbe negativa e creerebbe maggiore incertezza nell’economia. Per questo, pensano che la Fed si rifiuterebbe di alzare i tassi”. “Trump è considerato la ‘wild card’, Hillary è più una garanzia: da questo punto di vista è chiaro che gli investitori assumono meno rischi, se vedono la sua leadership messa in discussione”, ha aggiunto Ward McCarthy di Jefferies.