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«Internazionalizzazione ok, ora attrarre investimenti»

Ott 23, 2016

Un cambio di passo nelle azioni messe in campo per promuovere le aziende italiane al di l dei confini nazionali c’ sicuramente stato, ma adesso occorre proseguire stabilmente lungo quella rotta. Licia Mattioli, vicepresidente di Confindustria per l’internazionalizzazione, non ha dubbi. Dobbiamo andare avanti nella direzione in cui stiamo procedendo. Per la prima volta facciamo sistema e stiamo lavorando con il governo, Ice e Sace-Simest, per portare pi imprese all’estero e per farle crescere di dimensioni, spiega l’imprenditrice torinese che, come ricorda lei stessa, ha all’attivo 160mila chilometri in missioni all’estero. Un segno tangibile, dunque, che lo sforzo non mancato anche se la strada da fare resta ancora molta.

La Mattioli, per, ci tiene a rimarcare che il made in Italy cresciuto, e anche parecchio, fuori dal nostro paese. I numeri, che la vicepresidente di Confindustria snocciola, sono l a certificarlo, a cominciare dalla fotografia scattata da Brand Finance, societ di consulenza strategica che analizza da sempre le performance economiche dei marchi. Secondo questa ricerca – sottolinea la Mattioli – il valore complessivo del marchio “made in Italy” cresciuto del 21%, senza contare che il rating del brand “Italia” (AA-) pi alto di quello del debito sovrano. Le aziende italiane hanno quindi tutte le carte in regola per conquistare i mercati internazionali ma, aggiunge la vicepresidente, necessario intervenire anche su altri due fronti. Dobbiamo cercare di attrarre pi investimenti nel nostro paese, finora abbiamo fatto abbastanza pena. E possiamo fare molto di pi per attirare turisti in Italia: l’industria turistica troppo sottoutilizzata.

Per assicurare maggiore spinta alle imprese che tentano il salto sui mercati esteri anche Sace pronta poi a fare la sua parte, come sottolinea l’ad, Alessandro Decio. In un mondo in cui rischi e volatilit sono in aumento e la crescita rallenta, sostenere i nostri esportatori fondamentale. L’Italia dispone oggi di un sistema di sostegno all’export pi competitivo di tanti paesi. Non abbiamo un problema di strumenti o capacit, dobbiamo tuttavia lavorare per rendere gli strumenti a disposizione pi accessibili alle imprese di media e piccola dimensione, prosegue l’ex banchiere non prima di aver ricordato come la recente integrazione con Simest, sotto l’egida di Cdp, per creare un polo unico dell’export, sia stata realizzata proprio per facilitare questo obiettivo.

Tutti gli attori in campo sono quindi disposti a potenziare gli sforzi. Ma, osserva Roland Schell, presidente di Mercedes-Benz Italia, non bisogna tralasciare altre priorit. Servono investimenti nelle infrastrutture, anche quelle digitali. Occorre adattare poi la formazione alla domanda delle imprese e allentare il carico fiscale : le aziende italiane – prosegue il manager – pagano un po’ pi di tasse e questo uno svantaggio competitivo. Infine, necessario snellire la burocrazia: ci sono ancora troppi freni, chiosa Schell.

Dai colossi dell’industria, l’attenzione si sposta poi sulle piccole realt, come quella della Piacenti, uno dei nomi pi blasonati nel campo del restauro e della conservazione dei beni di interesse storico-artistico. Abbiamo un’agenda aperta – spiega il presidente Giammarco Piacenti – e andiamo dove pu servire il nostro lavoro. La competizione, racconta, solitamente con grosse aziende, come avvenuto, per esempio, per alcuni restauri a Betlemme. C’erano in gara dodici progetti da tutto il mondo. Eravamo rimasti in corsa noi, i russi e gli americani, ma alla fine abbiamo vinto per la qualit e le capacit tecniche che avevamo. Una prova in pi, insomma, della forza del made in Italy oltralpe.

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