• 27 Novembre 2024 11:47

Corriere NET

Succede nel Mondo, accade qui!

Vecchi, rotti e pericolosi: quei 23mila autobus che avvelenano le nostre città

Ott 22, 2016

ROMA – In Italia circolano 23mila bombe ecologiche, montate su ruote e telaio. Sono i mezzi di trasporto pubblico locale vecchi e inquinanti. Hanno un’età media superiore ai 18 anni, rappresentano il 46 per cento del parco bus complessivo e sono responsabili tutti assieme dell’emissione del 2,5 per cento delle polveri sottili che respiriamo nelle città. In più, scaricano nell’aria oltre il 19 per cento del monossido di azoto, sostanza responsabile dell’aggravamento delle crisi di asma e componente di quel pacchetto di agenti che provocano il buco nell’ozono.

Oltre 8mila autobus sono classificati dal punto di vista della compatibilità ambientale come Euro zero: se fossero automobili, ad esempio, non potrebbero circolare all’interno del grande raccordo anulare di Roma. Altri duemila sono Euro 1, ben 13mila sono Euro 2.

Questo esercito di automezzi stanchi e sfondati ha l’età media più alta d’Europa, pari a 12,2 anni. In Germania la media scende a 6,9 anni, nel Regno Unito a 7,7, in Francia a 7,9, in Spagna a 8.

La vetustà della flotta comporta un continuo fermo per manutenzione, con costi sempre crescenti. Mentre il depauperamento del parco, risultante dal ritiro quotidiano dal servizio per esaurimento di ogni capacità, porta i superstiti che invece riescono ad uscire dalle officine a un superlavoro crescente: a Roma la percorrenza media annua è di 70mila chilometri, a Torino supera i 50 mila.

Un fiume di miliardi

Il sistema, insomma, è vicino al collasso. Per superare l’emergenza la Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione, entra in campo con un intervento di proporzioni quasi militari. Parte subito un’asta per acquistare 1.800 nuovi mezzi, con la stessa Consip attore principale della commessa e le amministrazioni locali, tra cui la disastrata Atac romana, destinatarie del prodotto. L’importo base della maxi operazione è di 410 milioni di euro per rilevare 1.200 mezzi, con un’opzione per altri 600 che farà salire l’importo complessivo a oltre 500 milioni. I veicoli saranno ovviamente tutti Euro 6, al netto di due lotti destinati ai bus elettrici e a metano. L’asta si concluderà entro il prossimo mese di dicembre.

Poi il programma potrà estendersi al resto della semirottamata flotta italiana. Il progetto consegnato ai ministri prevede l’acquisto di altri 34mila bus, con una spesa di 7,5 miliardi nell’arco di 10 anni. Un intervento monstre, mai effettuato prima in termini di dimensioni affidate a un unico soggetto: ma vista l’ampiezza, con un risparmio altrettanto rilevante.

Sconti e risparmi

“Si interviene per fronteggiare un’emergenza ambientale, ma anche economica – spiega Luigi Marroni, amministratore delegato della Consip – perché oltre al vantaggio sul fronte ambientale ne esiste uno monetario”. Marroni fa parlare i numeri. “Il parco da rinnovare con urgenza – dice – ammonta a 34mila mezzi, compresi i 23mila quasi fuorilegge. L’obiettivo è far scendere l’età media complessiva di 5 anni, da 12,2 a 7,7, con un cronoprogetto tarato su dieci anni. Nei primi due e mezzo si prevede di rottamare tutti i bus Euro zero, circa 10mila, con una spesa di 1,87 miliardi. Poi tutti gli altri. Alla fine del periodo, l’operazione sarà costata appunto 7,5 miliardi”.

Una somma che fa tremare i polsi, ma Marroni spiega che non sarà un salasso. “Accentrare le gare per l’acquisto in un unico soggetto, a differenza della frammentazione attuale, permetterà di ottenere sconti fino al 20 per cento, con un risparmio di 1,5 miliardi. È una cosa che abbiamo già sperimentato con le gare sulle auto del parco statale, dove lo sconto ottenuto per comprare le Fiat Panda ha raggiunto punte del 45 per cento. Poi – continua Marroni – ci sono i risparmi generati dalla gestione unificata dei mezzi: altri 1,7 miliardi. Alla fine il rinnovamento tecnico e ambientale di 34mila bus comporterà un esborso di 4,3 miliardi”.

Il noleggio nazionale

Ma nelle stanze della Consip si pensa a fare ancora di più, se si avrà il via libera dal governo. L’idea è quella di avere una compagnia che diventi una specie di noleggiatore nazionale dei bus, e che possa muoversi su tutto il territorio nazionale come soggetto titolare di acquisti, manutenzione motori, sostituzione gomme. “È il modello inglese – spiegano alla Consip – che permetterebbe di ottenere risparmi enormi su tutta la filiera e di tenere sotto controllo tutto il parco. Bisognerà però che ci sia l’accordo con gli enti locali, che di fatto diventerebbero soggetti secondari”.

L’operazione, di cui si sta discutendo con il governo, ha però anche caratteristiche di politica industriale. “Comprare 34 mila mezzi è un’operazione commerciale di dimensioni mai viste – dice Marroni – e questo permetterebbe di sedersi a un tavolo con i produttori, anche stranieri, e fare discorsi di programma. Vi interessa vendere 34mila, o addirittura oltre 50mila autobus? Bene: allora venite a produrli in Italia, vi garantiamo una fornitura costante tale da ammortizzare le spese d’insediamento. Questo rilancerebbe l’intero settore dei mezzi di trasporto. Oggi in Italia si producono 300mila vetture, mentre dalle fabbriche spagnole ne escono 3 milioni e da quelle della Repubblica Ceca 800mila. Eravamo grandi, siamo diventati troppo piccoli, e abbiamo perso migliaia di posti di lavoro”.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Guarda la Policy

The cookie settings on this website are set to "allow cookies" to give you the best browsing experience possible. If you continue to use this website without changing your cookie settings or you click "Accept" below then you are consenting to this.

Close