MILANO – Ore 10:20. Mercati deboli con l’ottimismo sulle trattative commerciali tra Usa e Cina che si incrina, mentre riaffiorano i dubbi sul rallentamento delle economie mondiali. Non è stato interpretato come un segnale positivo il fatto che Donald Trump si sia detto aperto alla possibilità di rinviare di altri 2 mesi – oltre la scadenza del 1° marzo – la stretta sulle tariffe doganali. Finiti i colloqui tra alti funzionari, ora lo snodo è l’incontro tra la delegazione americana e il presidente cinese Xi. I listini asiatici hanno ritracciato dai massimi da ottobre e quelli Ue seguono sulla via dell’incertezza. Milano segna un ribasso dello 0,15%, le altre avanzano in ordine sparso: Londra sale dello 0,1%, Parigi si rafforza al +0,35% mentre Francoforte arretra dello 0,4%.
L’euro è in calo in avvio degli scambi in Europa a 1,1280 dollari e 124,50 yen. Lo spread tra Btp e Bund tedeschi cresce leggermente sopra 270 punti base, per un rendimento del decennale italiano al 2,82%.
Molti gli spunti a Piazza Affari: prima dell’apertura dei mercati, l’Eni ha dato i risultati con un utile netto adjusted vicino a 4,6 miliardi nel 2018. Acea ha diffuso le immatricolazioni europee di gennaio e l’industria delle quattro ruote parte con un -4,6% nel nuovo anno, con Fca in calo del 14,9%. Osservata speciale, come spesso le accade, la Telecom che sale nettamente in Borsa dopo che la Cdp si è detta pronta a salire fino al 10% del capitale.
Come accennato, i listini asiatici hanno archiviato in calo l’ultima seduta della settimana risentendo anche del dato negativo sulle vendite al dettaglio Usa, mai così basse in 10 anni. In forte calo Tokyo (-1,13%) con la divisa nipponica che scambia a un valore di 110,30 sul dollaro, e sulla moneta unica a 124,50. In rosso Hong Kong (-1,8%), Shanghai (-1,3%), Shenzhen (-0,6%), Mumbai (-0,8%) e Seul (-1,3%). Dalla Cina, hanno deluso i prezzi alla produzione che mettono in risalto la difficile via della profittabilità per le imprese asiatiche: a gennaio sono saliti solo dello 0,1% annuo e sono scivolati nel raffronto mensile.
Sul fronte macroeconomico si segnala la bilancia commerciale italiana in peggioramento nel 2018, poi si guarda ad Eurozona e vendite al dettaglio del Regno Unito. Dagli Stati Uniti attesi gli indici sull’Empire State Manufacturing; prezzi importazioni; produzione industriale e fiducia dei consumatori.
Prezzi del petrolio in rialzo sui mercati asiatici grazie alla riduzione della produzione dell’Opec, alle speranze per un accordo commerciale tra Washington e Pechino e alle attese per una soluzione della crisi venezuelana. Il “light sweet crude” (Wti), con consegna a marzo, è aumentato di 20 centesimi a 54,61 dollari mentre il Brent è salito di 26 cent a 64,83 dollari.