BRUXELLES ha già chiesto a Roma di modificare la manovra, tagliare il deficiti di 1,6 miliardi. Il governo promette battaglia, ma alla fine potrebbe cedere. “A Bratislava Juncker e Schulz hanno detto chiaramente a Renzi: il massimo di deficit che ti possiamo concedere è il 2,2%, di più è impossibile”. I vertici della Commissione ripartono da questo aneddoto vecchio di un mese per far capire perché questa volta fanno sul serio. Bruxelles non intende approvare la legge di Bilancio se il governo non la modificherà entro 15 giorni limando di un decimale il deficit del 2,3% approvato sabato dal Consiglio dei ministri.
Anche se pubblicamente ieri dalla Commissione è arrivato un “no comment” sulla manovra che verrà notificata oggi alla Ue, i dubbi europei sui suoi contenuti sono stati già comunicati ai tecnici del governo, nonostante fosse domenica. E il negoziato, che dovrà esaurirsi entro pochi giorni, inizierà ai massimi livelli politici già oggi, con i cellulari di Padoan e Renzi che inizieranno a squillare.
Dunque Bruxelles insiste. Il patto informale stretto nelle scorse settimane con il governo era di consentire una flessibilità fino al 2,2% nel rapporto tra deficit e Pil, anziché fino all’1,8 concordato lo scorso maggio. Circa 6,5 miliardi sottratti al risanamento dei conti contro i 10 inizialmente immaginati da Renzi e gli 8 effettivamente inseriti in Legge di Bilancio sabato scorso. Oltre non si va. E ci si arriva solo se Roma produrrà le prove sulle spese sostenute per migranti e sisma, documenti che in Europa nessuno ha ancora visto e sui quali la Ue nutre qualche dubbio visto che stima queste spese in non più di un miliardo e mezzo, non certo i 4,8 iscritti a bilancio nella manovra. Se il governo cambierà i numeri, tenendo il deficit al 2,2%, dunque, Bruxelles è disposta a tornare al piano A, quello sul quale aveva chiuso l’accordo con Padoan e Renzi: spostare a dicembre il giudizio sulla manovra per non interferire sul referendum, via libera al testo nonostante i dubbi sulle spese affrontate per le circostanze eccezionali e nuovo esame a maggio (per assicurarsi che Roma non faccia correre il deficit in corso d’anno e per mantenere il controllo sull’Italia nel caso di sostituzione del governo se il 4 dicembre vincesse il No). Se invece il governo non modificherà la cifra sul deficit entro il 30 ottobre, la manovra verrà bocciata dalla Ue che oltretutto toglierà all’Italia i 19 miliardi di flessibilità accordati nel 2015-2016 ma il cui via libera definitivo era condizionato proprio alla compatibilità della nuova legge di Bilancio ai target Ue. A quel punto i conti italiani sarebbero fuori da tutti i parametri e la Commissione aprirebbe subito una procedura d’infrazione capace di indebolire politicamente l’Italia in Europa e di esporla sui mercati.
Il governo è consapevole del rischio, ma pensa di poter spuntare il 2,3% giocando sulle divisioni tra falchi e colombe in seno alla Commissione. E oltretutto il refrain che diversi ministri ripetono riservatamente è: “Non ci bocceranno per un decimale”. Obiezione alla quale a Bruxelles rispondono che già il 2,2% è al di là di ogni regola e che andare oltre sarebbe politicamente e legalmente impossibile. Ma Renzi lavora per ottenere una dichiarazione del Consiglio europeo di giovedì e venerdì prossimo che lo sostenga.
Una battaglia sulla quale però Roma non intende puntare tutto. “L’obiettivo di Padoan e Renzi resta quello di evitare la procedura sui conti”, spiegavano ieri dal Tesoro. Dunque se Bruxelles dovesse tenere duro, come assicurano in queste ore dal Berlaymont, alla fine il governo cambierà l’obiettivo del deficit e coprirà il buco da 1,6 miliardi con fondi accantonati alla presidenza del Consiglio. “Come avvenuto per il 2015”, spiegano da Via XX Settembre. Operazione da inserire nel disegno di legge sulla manovra che sbarcherà in Parlamento tra il 20 e il 22 ottobre.