La sentenza di divorzio esibita dal suo avvocato era falsa. Proprio a causa di quel documento è finita nuovamente nei guai Paola Pittini, leccese di 49 anni già condannata a due anni e mezzo di reclusione per esercizio abusivo della professione e falsa attestazione di identità. La donna, che già in passato aveva raggirato alcune persone esercitando illegalmente l’attività legale, è stata citata in giudizio dalla pm Angela Rotondano, che l’accusa di truffa, falso materiale e esercizio abusivo della professione.
Il caso è stato portato all’attenzione della magistratura dall’uomo che aveva scelto la Pittini per portare a compimento la sua causa di divorzio e poter cominciare una nuova vita con la nuova compagna. La falsa avvocatessa – secondo quanto denunciato – avrebbe chiesto un acconto da 1.400 euro per la sua prestazione e avrebbe ripetutamente rassicurato i clienti sul corretto svolgimento dell’iter di separazione e sulla conseguente possibilità di avviare i preparativi per il secondo matrimonio.
La coppia ha quindi scelto la data e poi la sala ricevimenti (lasciando anche un acconto per il pranzo), poi l’abito da sposa, il viaggio di nozze e le bomboniere. A poche settimane dall’evento
l’amara scoperta: il divorzio non era stato neppure avviato e quella sentenza del tribunale di Brindisi esibita dalla Pittino non era originale. Falso l’atto così come le firme del giudice e del cancelliere nonché il timbro, hanno denunciato in Procura gli avvocati dell’Adoc di Brindisi a cui la coppia si è rivolta (Marco Masi e Marco Elia). Saranno loro, dal 7 luglio prossimo, a sostenere le ragioni degli aspiranti sposi in tribunale.