TARANTO – Il maxiprocesso ‘Ambiente svenduto’ sul presunto disastro ambientale di Taranto causato dall’Ilva non può essere celebrato davanti ai magistrati tarantini perché non hanno la serenità necessaria a giudicare in quanto anch’essi parte offesa dall’inquinamento. È la tesi esposta in aula dall’avvocato Pasquale Annicchiarico, difensore del gruppo Riva Fire, proprietario dello stabilimento siderurgico, e di Nicola Riva, l’ex presidente dell’Ilva imputato di disastro ambientale e avvelenamento di sostanze alimentari.
Per dimostrarlo l’avvocato si è presentato davanti alla Corte d’assise mostrando sei cartelloni sui quali ha contrassegnato tutti gli immobili della città in cui vivono o di cui sono proprietari magistrati di Taranto. “C’è una sentenza delle Sezioni unite di Cassazione – spiega l’avvocato Annicchiarico – che dice chiaramente che il processo va fatto in altra sede perché non c’è altro caso giudiziario in Italia in cui la fabbrica è così vicina alla città. Ci sono dirimpettai e vicini di casa di alcuni magistrati che sono costituiti parte civile nel processo. Se loro sono da considerare parti danneggiate dall’Ilva, allora lo sono anche i magistrati proprietari di immobili”.
Secondo l’avvocato molti giudici e pubblici ministeri vivono nel cuore della “nube tossica” che avrebbe causato, secondo l’accusa, danni agli immobili e danni da esposizione. La richiesta di rimessione, cioè di spostare il processo al tribunale di Potenza, era già stata presentata dai difensori dei 47 imputati (44 persone e tre società) in almeno altre tre occasioni. Prima e durante l’udienza preliminare, la Cassazione e la gup Wilma Gilli rigettarono la richiesta perché non era stata provata dalla difesa l’incompatibilità dei magistrati giudicanti. A luglio scorso nuova offensiva lanciata dalla difesa con la richiesta di spostare il maxi processo a Potenza per incompetenza funzionale. In quell’occasione fu la Corte d’assise a respingere.
La prova del presunto conflitto di interessi, spiega l’avvocato Annicchiarico “è nella mappa che abbiamo ricostruito e da cui si evince chiaramente che le abitazioni di diversi magistrati
si trovano a poche centinaia di metri dalla casa di persone che sostengono di essersi ammalate o aver subìto danni dall’Ilva”. L’avvocato Annicchiarico poi ha citato in aula un precedente a favore. Nella causa civile avviata dal Comune di Taranto contro l’Ilva per i danni da inquinamento il giudice Pietro Genoviva si è astenuto spiegando di essere obbligato proprio perché residente al quartiere Borgo, che si trova a meno di tre chilometri dal siderurgico.