ROMA – Raffaele Cantone lo dice subito: “Sì, sono contento. Perché quest’indagine di Milano dimostra in pieno la bontà del nostro lavoro. Lo dicono gli stessi mafiosi al telefono. Se non ci fosse stata l’Anac, se non ci fossero stati i nostri “bastoni tra le ruote”, gli appetiti della mafia, che erano fortissimi, e le conseguenti infiltrazioni sarebbero state molto più imponenti. La prevenzione ha funzionato”.
Quindi l’operazione di Milano su Expo non le lascia un po’ di amaro in bocca?
“Ma quando mai… assolutamente no. Alla procura faccio innanzitutto i complimenti per come ha lavorato e per i risultati ottenuti. E poi, come ho sempre detto da quando sono al vertice dell’Anticorruzione, bisogna essere sempre soddisfatti quando le indagini fanno emergere gravi fatti illeciti”.
Non teme che adesso i detrattori del suo lavoro all’Anac, chi ritiene inutile la prevenzione ma vede solo nella repressione e nelle manette la soluzione per battere il malaffare, possa dire “avete visto, avevamo ragione noi, l’Anac non serve”?
“Stiamo ai fatti, proprio quelli accertati dalla procura di Milano. Risulta con assoluta evidenza che non c’è stata nessuna irregolarità nella gestione degli appalti controllati dall’Anac…”.
Scusi, ma i subappalti dove li mette? Proprio lì, come dimostra l’inchiesta, ha agito la mafia.
“Chiariamo subito che i subappalti non dovevano essere controllati dall’Anac. Non solo, ma i lavori nei padiglioni stranieri, dove si è verificata l’infiltrazione mafiosa, erano sottratti addirittura alla legislazione italiana. Un nostro intervento era doppiamente impossibile, perché non potevamo controllare i subappalti, e perché quei lavori esulavano del tutto da un nostro possibile controllo”.
È davvero convinto che l’inchiesta non rischi di mettere in discussione la qualità e l’efficacia del vostro lavoro?
“Le intercettazioni svolte, e adesso accluse agli atti, dimostrano al contrario il ruolo fondamentale avuto dall’Anac negli appalti dell’Expo. Lo dicono gli stessi mafiosi al telefono che la presenza dei nostri uomini e i nostri continui controlli hanno impedito a loro di mangiare a una tavola già apparecchiata “.
Sta dicendo che senza l’Anac la mafia avrebbe banchettato più ampiamente?
“Non lo dico io, lo dicono le intercettazioni ed è un fatto incontestabile: il nostro lavoro a Milano ha scompaginato le aspettative di qualcuno. L’intervento dei miei uomini è risultato determinante per garantire la legalità”.
Cantone, scusi, lei sa bene quanto siano attivi i detrattori dell’Anac. Per dirla brutalmente, lei è sicuro che questa inchiesta non sporchi un po’ Expo?
“Assolutamente sì. Ne sono del tutto convinto. L’inchiesta al contrario è la prova provata che i controlli sono stati efficaci, hanno funzionato, e hanno sortito la conseguenza che dovevano avere, hanno intralciato gli appetiti dei mafiosi. Senza mai dimenticare che ad Expo, nonostante i meticolosi controlli fatti per ogni appalto, si è arrivati in tempo alla fine dei lavori”.
Se dovesse fare un bilancio ora che direbbe?
“Che tutti gli appalti sono risultati regolari, visto che nessun elemento dimostra il contrario. Direi anche che qualcuno si è messo d’accordo con la mafia, ma ciò è avvenuto nella fase successiva dei subappalti “.
Quindi lei è tranquillo anche oggi?
“Le rispondo così: proviamo a immaginare che cosa sarebbe successo a Expo se noi non ci fossimo stati… “.
E la Prefettura di Milano? Assolve anche loro che avevano la responsabilità dei controlli antimafia?
“Secondo me non si sporca neppure la Prefettura perché i numeri dimostrano che c’è stata l’attenzione che ci doveva essere sulle possibili infiltrazioni. Una singola vicenda, del resto, non può cancellare tutto il lavoro fatto”.
In questi mesi c’è stato un vostro rapporto con la procura di Milano e con la Guardia di finanza?
“Certo. Ed è stato un rapporto molto proficuo. La Gdf ha chiesto la nostra collaborazione e noi abbiamo mandato molti atti e la documentazione dell’attività fatta a Expo che ritenevamo utile”.