A sostenere il banchiere francese sono state in particolare la Fondazioni bancarie ritenendolo – nonostante la mancata conoscenza dell’italiano – il miglior candidato possibile della rosa nella quale rientravano anche gli italiani Flavio Valeri (Deutsche Bank) e Fabrizio Viola, sui cui però c’era le preoccupazioni della Banca d’Italia nel caso avesse abbandonato il timone di Mps.
D’altra parte Mustier è un esterno, ma conosce bene l’ambiente. D’altra parte fu proprio Federico Ghizzoni a chiamarlo nel 2011 alla guida del Cib (Corporate and investment banking): quando ha lasciato il ruolo, nel 2014, è entrato nell’International advisory board del gruppo. Inoltre ha quel profilo internazionale che richiedevano gli azionisti. Qualità che sono servite al banchiere francese per superare anche le perplessità fatte trapelare dalla Bce ai soci: le prime sono relative all’incidente di SocGen le cui perdite da trading di Kerviel generarono un rosso per la banca di quasi 5 miliardi di euro (Mustier si è sempre dichiarato all’oscuro dell’operato del trader); le seconde riguardano il profilo manageriale del banchiere.
Francoforte, infatti, avrebbe preferito un banchiere classico, senza un trascorso in banche d’affari, hedge fund o private equity. E soprattutto senza essere cresciuto con il pallino dei derivati – strumenti finanziari complessi – sui quali ha costruito la crescita della prima banca francese. Sulle spalle dal banchiere, inoltre, grava una multa da centomila euro per insider trading: appena prima dello scoppio della bolla americana dei mutui subprime, il 21 agosto 2007 vendette 6mila azioni SocGen.
Gli azionisti di Unicredit, però, sono convinti di aver trovato l’uomo in grado di risollevari le sorti della banca che da inizio anno ha perso oltre il 62% del proprio valore arrivando a una capitalizzazione di appena 11,6 miliardi di euro. Dopo il voto del cda il titolo è tornato a salire (segui in diretta).