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Si preparano i grandi giochi del 5G mobile: ecco le pedine in campo

Nov 4, 2017

L’Italia entra nel vivo del percorso verso il 5G, la futura rete mobile di nuova generazione, che dovrebbe rivoluzionare la nostra esperienza in mobilità fra due-tre anni circa. Gli operatori accelerano sulle sperimentazioni, mentre il Governo si prepara, con la Legge di Stabilità 2018, a fare il primo passo per assegnare loro le frequenze necessarie su cui costruire la nuova rete.

Sarebbe un errore però credere che questa via verso il 5G sia dritta e serena. In realtà è irta di bivi; di scelte gravi che l’Italia dovrà fare. Su queste si gioca molto dei prossimi dieci anni di innovazione. Il 5G, infatti, promette di essere un salto tecnologico molto più importante di quello che c’è stato con il 3G o il 4G, perché, grazie alle sue caratteristiche, consentirà alla rete mobile di cambiare molti aspetti delle nostre vite, come già spiegato. Sarà l’infrastruttura per auto intelligenti sempre connesse a internet, per esempio; o per una rete elettrica più efficiente.

LE MOSSE DEGLI OPERATORI

Intanto, sappiamo che il Governo ha già fatto la scelta di mettere a disposizione frequenze, in via sperimentale, agli operatori per testare il 5G in ben cinque città (la Commissione europea chiedeva di averne almeno una a questo scopo). Vodafone questa settimana è stato il primo operatore ad annunciare una connessione dati “demo” live a Milano, nell’ambito di questa sperimentazione voluta dal Governo. Fastweb e Tim seguiranno a giorni a Bari e Matera, mentre le città ottenute da Wind 3 per la sperimentazione sono Prato e L’Aquila. A ottobre Wind 3 è stato il primo a presentare il progetto di sperimentazione, a Prato, che condurrà insieme con Open Fiber (società Enel).

Va subito detto che questi “primati” sono da prendere con le pinze: essere il primo operatore che fa una certa cosa, nell’ambito di una sperimentazione, non implica che si sarà anche il primo ad attivare la rete sugli utenti; o quello che lo farà in modo più ampio o più efficiente. Consideriamo anche che gli operatori sono allineati al momento sulla roadmap delle sperimentazioni – giorno più, giorno meno. E non c’è ancora uno standard 5G, quindi diverse sperimentazioni degli operatori potrebbero fregiarsi di questo titolo (purché portino a velocità “gigabit” e utilizzino certe tecnologie tipiche del 5G, come il “massive mimo”).

Per esempio ad aprile Tim aveva dichiarato di aver fatto il primo test 5G a Torino, mentre Fastweb è partner tecnologico del Comune di Roma (con test che partiranno nel 2018); con la differenza che si tratta di sperimentazioni al di fuori dell’alveo deciso dal Governo.

Resta il punto fermo che, a giudicare dalle mosse in campo, tutti i principali operatori sembrano ben intenzionati a giocare questa partita – e questa è certo una buona notizia per gli utenti. Compresi nuovi entranti come Open Fiber e Iliad. Quest’ultimo, operatore mobile virtuale che arriverà tra qualche settimana, ha stretto infatti un accordo con Wind 3 per utilizzarne anche la futura rete 5G.

LE MOSSE DEL GOVERNO

Lo scacchiere però è cangiante. È destinato a mutare a seconda delle mosse che farà il Governo adesso e in futuro Agcom (Autorità garante delle comunicazioni). Abbiamo un bivio davanti: l’Italia stabilirà condizioni che siano più o meno favorevoli alla nascita di nuovi operatori su 5G? Più o meno favorevoli all’innovazione, piuttosto che alla massimizzazione dei ricavi per lo Stato? Le Legge di Stabilità conterrà l’indicazione delle frequenze utilizzabili per il 5G e che saranno messe all’asta (con una base che partirà da 2,5 miliardi di euro).

Qui il primo bivio: il Governo metterà in Stabilità una proroga delle licenze per le frequenze ora in mano agli operatori “fixed wireless”, come Linkem e Tiscali? Loro se lo aspettano fortemente, come detto da Tiscali; anche perché senza questa garanzia avrebbero grosse difficoltà a programmare investimenti, ottenere finanziamenti. Sfortuna per loro ha voluto che le istituzioni internazionali di settore hanno indicato, tra le frequenze utili per il 5G, anche quelle a 3.5 GHz. Proprio la banda su cui si è diffusa in Italia la tecnologia “fixed wireless”, che ora dà prestazioni simili all’Adsl o alla fibra ottica di livello base (fino a 30 Megabit). Il rischio insomma è che anche le frequenze ora usate per il fixed wireless vadano all’asta 5G. L’eventuale proroga invece smentirebbe questo pericolo, da cui dipendono le sorti di operatori che finora hanno svolto un ruolo per portare la banda larga nelle zone mal servite dagli attori principali.

Un altro bivio sarà il modo in cui sarà fatta l’asta 5G. Alcune scelte possono favorire o sfavorire l’arrivo di nuovi entranti: per esempio la grandezza dei lotti di frequenze o un’eventuale limite massimo alle frequenze che ciascun operatore potrà aggiudicarsi. In altre aste valevoli per il 5G, già pensate in Germania e Regno Unito, questi due criteri sono stati modulati per favorire l’ingresso di nuovi entranti. La cui presenza può fare bene sia alla competizione sia allo sviluppo di quelle innovazioni pervasive che il 5G è in grado di portare alla società.

Di contro, altre scelte possono favorire invece la massimizzazione dei ricavi dell’asta per lo Stato; mentre una concentrazione di frequenze nelle mani di pochi soggetti potrebbe essere un bene per le prestazioni massime raggiungibili.

Sono queste le opzioni ora considerate dal Governo, a quanto risulta, nel corso del dibattito sulla Legge di Stabilità. Lo scontro di diverse visioni continuerà nel 2018 e lo vedremo concretizzarsi nelle regole tecniche che l’Agcom dovrà fare per l’asta 5G.

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