Dopo quasi vent’anni sembrava la volta buona. Invece la norma in legge di bilancio con risorse e riordino degli Afam, gli istituti di Alta formazione artistica, musicale e coreutica – in pratica accademie e conservatori – che puntava a razionalizzari e a rilanciarli creando non pi di 20 nuovi Politecnici dell’arte saltata. Almeno per ora. Segnando cos l’ennesima sottovalutazione di un patrimonio musicale italiano – diversi di questi istituti sono nati oltre 500 anni fa – che rappresenta uno dei fiori all’occhiello del nostro sistema formativo con oltre 70 istituti e 50mila studenti, di cui olttre il 10% vengono dall’estero (pi del doppio delle universit) con un boom di cinesi iscritti negli ultimi anni.
L’occasione per togliere dal declino un pezzo di storia della nostra formazione artistica al momento sembra essere sfumata visto che nel testo della legge di bilancio in arrivo in Parlamento la norma messa a punto dal ministero dell’Istruzion e guidato dalla ministra Fedeli non c’. La speranza ora di un ripescaggio quando si discuter la manovra nelle auel parlamentari. La storia dell’abbandono delle nostre accademie e conservatori comincia nel 1999 quando la legge 508 ha sancito la nascita dell’Alta Formazione Artistica Musicale (Afam), da quella data in poi sarebbero dovuti seguire tutta una serie di decreti attuativi della riforma su reclutamento, percorsi didattici, governance, ecc. Sono trascorsi 17 anni e nessuno di questi decreti ha visto la luce, nonostante la promessa dei vari governi e di ben 9 ministri – la ministra Fedeli aveva annunciato un intervento – che si sono succeduti in questi anni.
Tra i nodi mai risolti c’ innanzitutto quello del reclutamento. Nei quasi vent’anni trascorsi sono state prodotte due graduatorie nazionali per gli incarichi a tempo determinato: l’una, quella della legge 143 del 2004, con la trasformazione nel 2014 in graduatoria utile per il tempo indeterminato; nello stesso anno stata prodotta, poi, una nuova graduatoria (legge 128 del 2014) utile per gli insegnamenti a tempo determinato. Nel frattempo, anche questi docenti hanno accumulato, almeno, dieci anni di insegnamento; molti di loro ricoprono, attualmente, cariche istituzionali di vertice per mancanza di personale di ruolo e quest’ultima graduatoria rappresenta il 40% dell’organico dell’Afam. Ogni anno questi migliaia di docenti assicurano la didattica di queste istituzioni con contratti annuali e con la possibilit di trovarsi un anno a Trapani e l’altro a Bolzano, non potendo garantire neppure la continuit didattica di queste istituzioni. Senza contare anche alcuni paradossi: siccome le graduatorie vanno per punti se il maestro Riccardo Muti volesse insegnare non lo potrebbe fare mai in un Conservatorio perch non avendolo mai fatto finirebbe in fondo alla graduatoria.
Tra gli altri nodi ci sono poi questioni non di poco conto come l’ordinamento di tutti i corsi di studio (a esempio dopo i tre anni di conservatorio le due di specializzazione sono ancora sperimentazioni), la statalizzazione degli istituti musicali (molti sono ancora in capo alle Province che non hanno pi fondi) e l’incremento delle risorse finanziarie necessarie alla trasformazione da istituti d’arte a vere proprie accademie universitarie. Che secondo la norma che si poteva leggere nelel bozze della manovra si sarebbero dovuti chiamare Politecnici dell’arte: l’idea era di crearne non pi di 20 in cui far confluire tutti gli Afam entro il 2021, prevendo quali organi del Politecnico il direttore, il consiglio di amministrazione, il consiglio accademico, il direttore amministrativo, il collegio dei revisori dei conti; il nucleo di valutazione. Per facilitare la trasformazione degli Afam in Politecnici dell’arte la norma- poi saltata – stanziava fondi aggiuntivi al fondo costituto con la manovrina dell’aprile 2017. E cio 5 milioni di euro per l’anno 2018, 15 milioni per il 2019, 30 milioni per il 2020 e 28 milioni a decorrere dal 2021.
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