Un’occhiata ai conti del Campidoglio e una alle buche nelle strade che lo circondano offrono una perfetta lezione di finanza pubblica; e spiegano anche a chi non ha troppa confidenza con i numeri il legame perverso fra maxi-debito, impennata delle tasse e degrado da assenza di investimenti.
Non un caso se la parte pi concreta della campagna elettorale della Capitale si giocata proprio intorno al passivo, che tra gestione commissariale e Comune carica sulle spalle di ogni cittadino di Roma un debito locale record da 3.489,9 euro a testa. In valore assoluto si tratta di 10 miliardi tondi: 8,8 a carico del commissario, che vanta anche 3,2 miliardi di debiti “commerciali”, e 1,2 nel bilancio del Comune, che dopo il reset del 2008 non si certo fermato nella propria incessante produzione di indebitamento. Una montagna di questo tipo gonfia ovviamente i costi per finanziare le rate, che per 300 milioni sono a carico di tutti gli italiani e per altri 200 sono finanziati dall’addizionale Irpef dei romani, arrivata al 9 per mille (il tetto negli altri Comuni un punto sotto) proprio per questa ragione. Il terzo anello della catena rappresentato appunto dagli investimenti al lumicino: l’anno scorso a questa voce il Campidoglio aveva messo a bilancio la miseria di 236 milioni, cio il 4,9% delle spese finali, mentre nelle altre citt lo stesso rapporto viaggia oltre il 16% nonostante quasi un decennio di patti di stabilit.
Una prima raddrizzata significativa stata data dal preventivo 2016 approvato dalla gestione commissariale, ma lo stesso bilancio scritto dal prefetto Tronca e dai suoi uomini mostra che senza una soluzione strutturale il respiro nei prossimi anni torna a essere cortissimo. Gi, ma che cosa si pu fare? Esclusa l’ipotesi di bloccare i pagamenti delle rate, anche perch un inciampo del genere sul debito della Capitale non rappresenterebbe esattamente un toccasana nemmeno per lo spread sui nostri titoli di Stato, una strada pi praticabile per la trionfante Raggi potrebbe aprirsi sulla rinegoziazione dell’ammortamento, almeno di una parte del passivo, per sfruttare i tassi piatti di oggi. Ad aspettare l’apertura di questa finestra sono in realt molti Comuni, che spingono per una replica di quanto concesso dalla Cassa depositi e prestiti nel 2015, in una mossa sincrona con il governo che nel decreto enti locali ha anche permesso di utilizzare i risparmi per finanziare la spesa corrente. Nemmeno la rinegoziazione, per, un pasto gratis, perch non pu alleggerire il valore complessivo dei piani di ammortamento ma allunga solo il calendario.
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