AGI – Lo schwa? Roba già superata. La neoavanguardia del linguaggio ora s’affida all’Università di Trento, che ha introdotto ufficialmente il “femminile sovraesteso”. Cosa vuol dire? Che il rettore Flavio Deflorian è una “rettrice” (comunque magnifica), che ogni professore è una “professoressa”, ogni candidato una “candidata” e così via. Una “scelta simbolica”, ha precisato la rettrice Deflorian a beneficio degli sprovveduti che pensavano a una svista, a una burla o a una sbronza collettiva del Consiglio di amministrazione dell’ateneo trentino.
Dovendo stendere un Regolamento che non s’appesantisse con il terminologico raddoppio per parità di genere, il Consiglio ha pensato di tornare a declinare il testo in un unico genere. Come usava una volta, però al rovescio. Non più il patriarcale d’antan che metteva il maschile per tutti, ma un futuribile matriarcale dal sapore di vendetta per interposto vocabolario: “Cari ometti, se adesso vi sentite esclusi pensate a come ci siamo sentite noi per sì lungo passato”.
Ora, sarà solo un dettaglio, ma il Consiglio di amministrazione dell’Università di Trento, se non bastasse la rettrice Flavio Deflorian, risulta presieduto dalla presidente Daniele Finocchiaro e ha per componenti (meno male che è un plurale valevole per tutti) Massimo Gaetano Colombo, Ettore Cosoli, Andrea Del Mercato, cui s’aggiungono Irene Enriques, Paola Fandella e Sara Valaguzza nonché la presidente del Consiglio degli Studenti, Gabriele Di Fazio. Totale: 6 uomini su 9. Però basta cambiare il Regolamento e la parità è compiuta, anzi di più: sembrano tutti femmine. Basta coi fatti, contano le parole.