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Il “lavoro povero” nel Lazio. Ecco in quanti guadagnano meno di 15 mila euro all’anno

Ago 24, 2023

AGI – “Nel Lazio 744 mila lavoratori percepiscono retribuzioni annue al di sotto dei 15 mila euro. È quanto emerge dall’analisi dei dati Inps sui dipendenti del settore privato non agricolo (1,6 milioni di lavoratori), esclusi, quindi, i dipendenti pubblici, i lavoratori agricoli, i lavoratori domestici, i collaboratori e gli autonomi, con e senza partita Iva. Si tratta principalmente di donne (52%) e giovani under 35 (42%).Tra i più giovani il 62% si trova al di sotto dei 15 mila euro, tra le donne il 54%, contro il 39% degli uomini. Le cause principali sono i contratti precari, il part time involontario e i bassi salari”. Lo rende noto la Cgil di Roma e del Lazio.

“Guardando alle tipologie contrattuali – continua la nota – se tra i lavoratori al di sotto dei 15mila euro l’incidenza del tempo determinato e’ del 42%, per chi ha retribuzioni piu’ alte l’incidenza della precarieta’ si riduce notevolmente, dal 16% per chi ha retribuzioni tra i 15mila e i 25mila, fino al 3% di chi ha retribuzioni annue sopra i 35mila euro. Discorso analogo per il part time: mentre il 62% dei lavoratori con retribuzioni fino a 15mila euro ha un contratto a tempo parziale, per le alte classi di retribuzione la percentuale arrivano fino ad azzerarsi”. 

“Il lavoro povero tra le principali emergenze”

La sigla sindacale annota come “Particolare è la condizione delle donne: nonostante abbiano una maggiore incidenza di contratti a tempo indeterminato si ritrovano a percepire meno di 15 mila euro l’anno, principalmente a causa del part time involontario che riguarda 3 donne su 4. I settori con la maggior incidenza di lavoratori al di sotto della soglia dei 15 mila euro di retribuzione annua sono i servizi di alloggio e ristorazione (85%), le attività artistiche, sportive e d’intrattenimento (64%), nell’istruzione (57%), punte importanti anche nella sanità privata, l’assistenza sociale e il commercio (43%)”.

Per la Cgil di Roma e del Lazio: “Questi numeri evidenziano come il lavoro povero sia tra le principali emergenze da affrontare. Servono maggiori controlli, interventi normativi per eliminare la precarietà, il lavoro sommerso e il dumping salariale. Occorre che le istituzioni nazionali, comunali e regionali si impegnino a monitorare gli appalti pubblici e ad aumentare gli interventi strategici perché le conseguenze della precarizzazione del lavoro e dei bassi salari spinge le persone a rinunciare ad alcuni diritti fondamentali, come le cure sanitarie, a risparmiare anche sul cibo, a discapito della qualità dei prodotti che comprano, e a rinunciare ad attività ricreative e di svago”. 

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