Mi accorgo che il mio discorso di ieri, sulla impredicibilità dell’evoluzione biologica anche a valle di una perfetta comprensione dei suoi meccanismi generativi, ha suscitato nei lettori un certo sconcerto e in qualche caso un palese fraintendimento per quel che riguarda il ruolo giocato dal caso nel processo darwiniano. Qualche precisazione è quindi d’uopo. Cominciamo, innanzitutto, dall’eliminare una persistente confusione che si fa tra fenomeni dall’esito impredicibile e fenomeni casuali. Differenziamo per bene, cioè, il significato di “caso” da quello di “non determinabile”. L’esito di un fenomeno può essere non determinabile per due ragioni. Innanzitutto, possiamo avere la circostanza in cui le nostre misure del suo stato iniziale siano insufficienti; la sua evoluzione futura, cioè, potrebbe dipendere in modo così convoluto e dettagliato da ogni più piccola fluttuazione di una moltitudine di parametri inziali, che per noi non sia possibile determinare sperimentalmente con precisione il punto di partenza della sua evoluzione, e quindi nemmeno il suo esito, anche per intervalli di tempo piccoli a piacere. Potrebbe persino darsi la circostanza che alcune variabili non siano misurabili, perché “nascoste” o comunque oscurate ai nostri sensi e ai nostri strumenti. Nella situazione descritta, l’evoluzione del sistema sarà imprevedibile, pur se perfettamente determinata dalle condizioni iniziali, a causa della nostra conoscenza non bastevole di queste. Questo tipo di sistemi fisici non presenta un’evoluzione casuale, ma perfettamente deterministica, cioè perfettamente determinata dalle condizioni iniziali e dalle leggi della fisica; a un certo stato, segue un altro invariabilmente, anche se noi, conoscendo solo imprecisamente lo stato iniziale, non possiamo sapere quale sia lo stato finale in cui troveremo il nostro sistema.
Abbiamo poi un altro tipo di sistemi la cui evoluzione è impredicibile, se non su base statistica, nel senso che a uno stato di partenza, possono seguire per questi sistemi due o più esiti di una misura successiva, non necessariamente con la stessa probabilità. Questi sono sistemi non deterministici, in cui cioè la conoscenza perfetta dello stato non determina in modo univoco uno ed un solo possibile esito di una misura futura.
Ora, per quanto possa sembrare strano, le fondamenta della realtà stabilite dalla meccanica quantistica hanno precisamente questa caratteristica: sono non deterministiche, ovvero presentano caratteristiche di casualità intrinseca nel senso appena definito, e non solo apparente a causa di qualche imprecisione di misura o della mancata misurazione di “variabili nascoste”.
Ora, alla scala del nostro mondo, gli effetti casuali connessi alla fisica quantistica non sono generalmente evidenti, perché spariscono rapidamente all’aumentare della complessità dei corpi considerati; ma il mondo a cui avvengono le mutazioni nelle molecole di Dna, che è quello che ci interessa ai fini della spontanea generazione di varietà biologica su cui possa agire la selezione naturale, è il mondo delle dimensioni atomiche.
I processi quantistici che possono portare per puro caso, nel senso stringente che abbiamo illustrato, a una mutazione del Dna sono molti; qui ne ricorderò uno fra quelli descritti più recentemente e confermato su base sperimentale, che implica lo scambio di un protone per effetto tunnel fra la citosina e la guanina di una coppia di basi di Dna.
Citosina e guanina, quando due filamenti della doppia elica sono appaiati, costituiscono un sistema quantistico, in cui tre protoni, impegnati in tre legami ad idrogeno, sono delocalizzati fra le due basi. Quando però, a causa dell’inizio del processo di copia di ciascun filamento, la doppia elica si apre, separando i due filamenti, il sistema quantistico di partenza corrispondente a ciascuna coppia di guanina e citosina collassa in modo totalmente casuale in uno fra due stati possibili, con uno dei tre protoni attribuito nel modo “usuale” alla base di partenza o, in modo anomalo, alla base opposta. In ogni secondo, questo processo accade in centinaia di siti di ogni singola doppia elica del Dna che ci compone; se questo avviene proprio mentre il Dna sta venendo replicato, un protone posizionato nel luogo “sbagliato” genera un errore di copiatura, per il quale nella nuova doppia elica generata si troverà una diversa coppia di basi al posto di quella originale.
Si noti bene: in assenza di mutageni, radicali ossidanti o raggi Uv, grazie a questi fenomeni comunque il Dna muta, e la sequenza di basi nelle copie che ne derivano cambia, il che implica un flusso continuo di varietà generata ad ogni replicazione, varietà che, al vaglio della selezione naturale, può assumere significato adattativo e dunque contribuire all’evoluzione di una specie.
Ma – questo è il punto – questo meccanismo sottende un importante ruolo del caso puro, derivato dal collasso di un sistema quantistico, ed è solo uno fra i diversi proposti e indagati con varia profondità: il caso è cioè alla radice della possibilità di evoluzione biologica, perché contribuisce a determinare in modo sostanziale il tasso e il tipo di mutazioni. Anche annullando ogni effetto dell’incredibile numero di circostanze fortuite che non conosciamo, anche cioè volendo assumere una nostra conoscenza perfetta del punto di partenza dell’evoluzione di una specie vivente, non sappiamo quale e quanta varietà sarà generata nell’ambito delle generazioni, e, fino al momento in cui non dimostreremo falso l’indeterminismo della meccanica quantistica, non potremo mai saperlo.
La meccanica quantistica gioca ai dadi con il nostro Dna.