AGI – Pedala tra le strade della Capitale per consegnare il cibo, e per tutti è il “professor Rider”. Rafael, cinquantenne venezuelano, prima di rifugiarsi in Italia nel 2014 era infatti un insegnante di cinema e fotografia in un liceo artistico.
“Adesso sono un rider e sono entrato nel sindacato, nella Cisl – racconta all’AGI – pedalo almeno cinque ore al giorno. Soprattutto la sera, perché la gente inizia a fare richieste anche a mezzanotte. Ricevo la stessa paga, non c’è differenze con il giorno, l’unica nota positiva è che a tarda sera non ci sono tante macchine. Però d’inverno – ammette – fa davvero troppo freddo”. È sceso in piazza, in Campidoglio, per chiedere maggiori tutele.
“Chiedo un po’ di sicurezza – prosegue – la situazione è davvero preoccupante. In Italia si muore molto per gli incidenti stradali. Credo che qualcosa non funzioni”. Non solo l’insicurezza stradale, ma anche la piaga del razzismo. “Mi è capitato che qualcuno, anche nei ristoranti, mi dica ‘resta fuori’. All’inizio pensavo che il motivo fosse legato alla pandemia. Adesso però, di questi tempi, capisco che è un motivo razziale. Mi è capitato anche con le persone che lavorano intorno ai clienti, ad esempio nelle palazzine, quando mi dicono “non puoi entrare” e frasi di questo tipo. Secondo me è un sotto-razzismo che esiste qui”.
“Nessuno ha il coraggio di dirlo, ma io non ho paura. Parlavo con un collega egiziano, e anche lui mi ha detto di aver vissuto situazioni simili. Questa cosa non credo esista in Francia o in Germania”. Rafael è orgoglioso delle sue origini e apprezza le bellezze romane: “ascolto musica latina, salsa, messicana e in bicicletta osservo Roma e imparo a conoscerla. Utilizzo una bicicletta non elettrica. La gente paga la palestra per restare in forma – prosegue con un pizzico di ironia – e io vengo pagato per portare cibo, sempre con il sorriso sulle labbra”.
Affrontare ogni giorno in bicicletta le strade della Capitale, tuttavia, non è affatto facile. Il rischio di incorrere in incidenti è dietro l’angolo. “Sono stato investito a piazza Bologna – dice ancora Rafael – il conducente della macchina mi ha detto che non mi ha visto. Ma come ha fatto a non vedermi? Sono vestito con il catarifrangente. Mi ha lasciato dolore alla gamba destra. Forse era ubriaco”. A maggio compirà un anno nell’azienda per cui lavora. “Il nostro lavoro è pericoloso – conclude – ma una cosa è il pericolo, un’altra il rischio costante. E questo non lo possiamo accettare”.