• 20 Aprile 2024 2:44

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“Gli altri volevano uccidermi, sono svenuto quando ho visto Saman morta”

Mar 22, 2023

AGI – “Siamo arrivati davanti a casa e ho visto Saman morta sdraiata con il collo strano, stretto. Ho cominciato a urlare forte, a maledire tutti, a piangere, ho perso i sensi. Io ero lì perché gli altri volevano uccidere me, hanno detto che la madre era la mandante”. Danish Hasnain, lo zio di Saman Habbas, la ragazza pakistana di 18 anni uccisa e sepolta a Novellara, mette a verbale la sua versione nell’interrogatorio depositato dalla Procura durante l’ultima udienza del processo in cui è imputato assieme ai cugini Ikram Ljaz e Nomanhulaq e al padre, Saman Habbas, e alla madre, Nazia Shaheen, della giovane che si oppose a un matrimonio forzato in patria. 

In realtà Danish aveva già parlato in precedenza con gli investigatori risultando decisivo per il ritrovamento del corpo nella campagna emiliana ma è la prima volta che lo ha fatto assistito dal suo legale Liborio Cataliotti e, per questo, il verbale a differenza degli altri può essere utilizzato nel processo.

In sostanza nega ogni responsabilità anche se i pm lo considerano esecutore materiale del delitto. “Mi hanno chiesto di dare una mano a seppellirla – si legge nel verbale di sei pagine letto dall’AGI riferendosi ai cugini – ma io non me la sentivo ma ho spostato a mani nude solo la terra a lato della buca dai lati perché non ricadesse dentro, Poi sono tornato da Saman e ho continuato a piangere e a parlarle. Perché ero lì? Penso che mi abbiano chiamato perché volevano uccidermi per il mio buon rapporto con Saman ed ero d’accordo sulla sua relazione con Saqyb. Poi non so perché mi hanno ucciso. A ben pensarci la buca era troppo grande per una persona”.  “Ci siamo già incontrati in occasione del giorno in cui lei ci ha fatto trovare il cadavere di Saman, ora ci dica com’è successo prima di quel giorno” è la richiesta dei pubblici mininisteri Laura Galli e Calogero Paci che lo hanno sentito il 10 marzo.

Siamo al racconto del 30 aprile 2021. “Alle 22 e 30 ho spento il telefono e ho dormito. Kam e Man (diminutivi dei nomi dei cugini, ndr) mi hanno svegliato e mi hanno detto che gli avevano telefonato e che c’era stato un litigio e ci era scappato il morto.  Abbiamo fatto il percorso che vi ho fatto vedere quando abbiamo fatto il sopralluogo, io chiesto come mai e loro mi hanno detto per non essere visti dalle telecamere”. Dopo avere perso i sensi alla vista del corpo, prosegue, “ho visto che i due avevano i guanti in mano e ho sentito che dicevano che era stata la madre”.

Il ruolo del padre di Saman, in questo racconto, non viene definito. Si sofferma invece sulla scena della sepoltura. Gli altri due erano molto sudati; io non potevo vedere quello che stavano facendo e quindi mi sono allontanato. Nom ho visto chi l’ha messa dentro. Mi sono appoggiato a una vite, ad aspettare che gli altri due tornassero e poi insieme siamo tornati a casa. Hanno impiegato almeno due ore (…). Nel ritorno tutti e tre piangevano .A casa Man ha preso i documenti di Saman e li ha gettati davanti al letto dicendo ‘Adesso cosa ne facciamo?’, poi Man mi ha detto che li aveva bruciati nella stufa”. 

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