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Le “due scuole” che dividono l’Italia 

Feb 11, 2023

AGI – Una riduzione di circa il 20% della spesa complessiva per la scuola al Mezzogiorno tra il 2008 e il 2022, mentre quella per gli investimenti nello stesso periodo è crollata di quasi un terzo. Nel contempo, si sono ampliati i divari infrastrutturali tra il Nord e il Sud del Paese, così come le differenze nell’offerta di servizi e tempo pieno.

La fotografia che emerge dal rapporto Svimez si riassume bene in questi trend e nel titolo scelto per la video-illustrazione presentata a Napoli, ‘Un Paese, due scuole’. Lo studio promosso da Svimez, in collaborazione con l’Altra Napoli onlus, certifica infatti un’Italia a due velocità anche per quanto riguarda l’istruzione pubblica, con un Mezzogiorno che sembra restare sempre più indietro.

Mettendo a confronto due bambini, uno toscano e l’altro napoletano, al primo saranno garantite 1.226 ore di formazione, mentre il secondo frequenterà la scuola primaria per una media annua di 200 ore in meno (corrispondenti a un anno di scuola) rispetto al coetaneo del Centro-Nord, a causa della carenza infrastrutturale e di tempo pieno. Secondo i dati Svimez, nel Mezzogiorno circa 650mila alunni delle scuole primarie statali (il 79% del totale) non beneficiano di alcun servizio mensa. Una percentuale che sale all’87% in Campania e all’88% in Sicilia, a fronte del 46% registrato al Centro-Nord.

Per effetto delle carenze infrastrutturali, solo il 18% degli alunni del Sud accede al tempo pieno, rispetto al 48% del resto del Paese. Circa due terzi degli allievi delle scuole primarie del Mezzogiorno, inoltre, non hanno la possibilità di utilizzare una palestra a scuola. Di questi 550mila, 170mila sono in Campania, pari al 73% del totale. La Svimez ha analizzato anche l’intervento pubblico nel campo dell’istruzione, dalla scuola primaria all’università, sulla base dei dati forniti da Conti pubblici territoriali.

Emerge un progressivo disinvestimento dalla filiera dell’istruzione, maggiormente accentuato al Sud dove, tra il 2008 e il 2020 la spesa complessiva si e’ ridotta del 19,5% (8% in piu’ rispetto a Centro e Nord) e gli investimenti sono calati di un terzo, a fronte del 23% registrato nel del resto del Paese. Il disinvestimento pubblico nel campo dell’istruzione, sommato a un trend demografico negativo, sta causando la riduzione degli studenti, con i due fattori che rischiano di auto alimentarsi in un circolo vizioso.

La qualità limitata dei servizi pubblici alimenta la denatalità e la migrazione di giovani, che determina a sua volta la compressione del numero di alunni e l’adeguamento al ribasso dell’offerta d’istruzione. Tra il 2015 e il 2020, segnala la Svimez, il numero di studenti dalla materna alle superiori si è ridotto di quasi 250mila unita’ nel Mezzogiorno, mentre al Centro-Nord il calo è stato di 75mila.

“Per contrastare queste dinamiche occorre invertire il trend di spesa e rafforzare le finalita’ di coesione delle politiche pubbliche nazionali in tema d’istruzione – sottolinea il direttore di Svimez, Luca Bianchi – Il Pnrr è l’occasione per colmare i divari infrastrutturali, ma l’allocazione delle risorse dev’essere più coerente con l’analisi dei fabbisogni d’investimento, superando i vincoli di capacità amministrativa”. Per Bianchi la priorità resta quella di “rafforzare il sistema d’istruzione soprattutto nelle aree piu’ marginali, sia del Sud che del Nord, garantendo asili nido, tempo pieno e palestre”.  

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