• 27 Novembre 2024 1:30

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Oltre Satispay: vecchi, nuovi e futuri unicorni italiani

Set 30, 2022

AGI – Si chiamano unicorni mica per caso. Incontrare la creatura leggendaria con il corpo di cavallo sarà impossibile, ma trovare una startup che valga un miliardo di dollari è (quasi) altrettanto difficile. In Italia, poi, ancora di più: quelle che ce l’hanno fatta a entrare nel “club degli unicorni” sono due, forse tre (a seconda di quanto si voglia allargare il perimetro delle definizioni).

Satispay entra nel club

Ce l’ha fatta Satispay, il sistema di pagamenti digitali fondato da Alberto Dalmasso, Samuele Pinta e Dario Brignone nel 2013, quando avere un unicorno italiano era al limite dell’impensabile. Da zero a un miliardo in meno di dieci anni. 

Il definitivo salto è arrivato grazie a un round d’investimento (il quarto, serie D) da 320 milioni di euro guidato dal venture capital statunitense Addition. Il londinese Greyhound Capital, investitore già nel 2018, ha incrementato la propria quota. E resta nel capitale di Satispay anche chi era entrato alla fine del 2020 con un round serie C da 93 milioni: tra gli altri, Tencent, Mediolanum e Block (la ex Square, fondata e presieduta dal padre di Twitter, Jack Dorsey).

Italy’s Satispay raises €320M at a €1B+ valuation with backing from Block, Tencent and more for its indy payment network https://t.co/fSvUx0ji7M by @ingridlunden pic.twitter.com/Gbwy9O8sP6

— TechCrunch (@TechCrunch)
September 28, 2022

I numeri di Satispay: con l’ultimo round arriva a una raccolta complessiva di 450 milioni, ha 3 milioni di clienti, 200 mila esercenti convenzionati, 3 miliardi di volumi transati, 300 dipendenti che – anche grazie alla nuova liquidità – dovrebbero raddoppiare nel giro di un anno e mezzo. Obiettivo, espresso sia dal ceo Dalmasso che dai vertici di Addition: espandersi in Francia, Germania e Lussemburgo per rendere Satispay il sistema di pagamenti mobile più usato in Europa.

.@AlbertoDalmasso: “In the last two years, we have experienced exceptional growth, bringing in a lot of additional talent to our teams, helping us transform Satispay into a bigger, more structured competitive reality.” #satisunicorn #doitsmart pic.twitter.com/r76xpXAbuA

— Satispay (@satispay)
September 28, 2022

L’altro unicorno: Scalapay

L’altro unicorno italiano è Scalapay. Stessa città (Milano) e stesso universo di Satispay (il fintech) ma applicazioni diverse. Scalapay è un metodo di pagamento che permette di acquistare subito (sia online che nei negozi fisici) e pagare a rate senza interessi. La sua crescita è stata clamorosa: fondata nel 2019 da Simone Mancini e Johnny Mitrevski, ha ottenuto un primo round da 155 milioni nel 2021 (guidato dalla statunitense Tiger Global) ed è diventata unicorno lo scorso febbraio, grazie a un mega finanziamento da 497 milioni di dollari, arrivati – tra gli altri – da Tencent e dalla newyorkese Willoughby Capital.

Gli altri italiani (o quasi)

La lista sarebbe più lunga se si considerassero gli unicorni nati in Italia, come Depop, incubata da H-Farm ma volata a Londra prima di essere acquisita da Etsy, o fondati da italiani all’estero, come King (la società che ha creato Candy Crush), di Riccardo Zacconi.

Ad andare un po’ più indietro nel tempo, ci sarebbe anche un altro unicorno, nato quando ancora non si parlava né di creature mitologiche né di startup: Yoox. L’e-commerce è stato fondato da Federico Marchetti nel 2000 e si è quotato nel 2009. Nel 2015 si è fuso con Net-A-Porter, per poi essere assorbito dal gruppo Richemont nel 2018 (poco prima del delisting) con un’Opa che assegnava alla società un valore di 5,3 miliardi di euro.

Yoox non viene però annoverato ufficialmente tra gli unicorni, per questioni che potremmo definire generazionali. Una delle prime tracce conosciute del club, infatti, è un articolo di TechCrunch del 2013 in cui il fondatore di Cowboy Ventures, Aileen Lee, definiva gli unicorni come “compagnie software con sede negli Stati Uniti, nate dopo il 2003 e con una valutazione da un miliardo di dollari”.

Secondo Lee, solo lo 0,7% delle imprese di software sostenute da un ventura capital diventa unicorno. Al di là delle percentuali (che contano quanto un rilievo a spanne fatto un decennio fa) e dei confini statunitensi, la definizione escluderebbe Yoox. D’altro canto, non c’è una definizione ufficiale di unicorno. Secondo CBInsight, si tratta di “compagnie private con una valutazione superiore al miliardo di dollari”. Chi si quota, dunque, smette di essere startup o scaleup ed esce dal club (come ad esempio Facebook, Google e tante altre).

Stando a questa lassificazione, CBInsight individua al momento 1.194 unicorni in tutto il mondo, inclusi Satispay e Scalapay. Due italiani, decisamente pochi rispetto ai 29 tedeschi e ai 24 francesi, ma anche meno degli otto svedesi e dei quattro spagnoli. Non è una novità che il mercato del venture capital italiano abbia un ritardo da colmare, ma il fatto che i due unicorni “ufficiali” abbiano raggiunto tale status nel giro di pochi mesi fa ipotizzare l’ingresso nel club di nuovi membri. I candidati non mancano.

Presto unicorni: i soonicorn

Secondo un rapporto di i5invest pubblicato lo scorso gennaio, in Europa c’erano 257 “soonicorn”, cioè startup o scaleup destinate a diventare unicorni presto, nel giro di un paio d’anni. Oltre a Scalapay e Satispay – nel frattempo già entrate nel club – il report indicava altre quattro società con sede in Italia. 

Casavo, piattaforma online che semplifica la compravendita di immobili, a luglio ha ottenuto un round d’investimento da 100 milioni, abbinato a linee di credito per altri 300. Prima Assicurazioni è stata la prima startup italiana a ottenere – nel 2018 – un round a tre cifre: 100 milioni di euro tondi.

Musixmatch ha già ricevuto un forte riconoscimento dal mercato: nel capitale della società, fondata da Max Ciociola e diventata il più grande catalogo per creare e condividere testi di brani musicali, a luglio è entrato con una quota di maggioranza TPG Growth, fondo che fa capo a uno dei giganti del private equity mondiale.

Il quarto soonicorn era BrumBrum, mercato dell’auto online. La sua corsa verso il club, però, è già terminata: all’inizio del 2022 è stata acquisita e assorbita dalla britannica Cazoo per 80 milioni di euro. Ma adesso, dopo aver speso per espandersi, la capogruppo ha cambiato strategie e deciso di rifugiarsi nel solo mercato interno. Di fatto, BrumBrum (diventata Cazoo Italia) è destinata a chiudere.

In una recente analisi, il Club degli Investitori ha ripreso il rapporto di i5invest, allargando però il perimetro di ciò che è italiano alle società fondate da italiani. Ne viene fuori una lista di 15 soonicorn, cinque dei quali con sede operativa e legale all’estero: oltre a Casavo, Prima Assicurazioni e Musixmatch, “potrebbero raggiungere nei prossimi anni il traguardo di unicorno” Yolo, Genenta Science, Credimi, Enthera, Roboze, D-Orbit, Everli, Planet Smart City, Newcleo, Soldo, MMI – Medical Micro Instruments e Moneyfarm.

 

 

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