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La siccità rischia di far scomparire Jaén, la capitale mondiale dell’olio d’oliva

Set 13, 2022

AGI – “Il ramo, strappato da uno dei migliaia di alberi in questo fitto uliveto, ha foglie marroni e alcuni piccoli boccioli sono essiccati verso l’estremità”. La storia di questo ramo ci “parla di un raccolto condannato”.

A essere per il momento infruttuoso e poi, forse, a morire. In genere lo stesso ramo “ha cime verdi e sane che possono produrre 13.000 galloni di olio d’oliva in una stagione”, più o meno 49.210 litri, ma quest’anno il raccolto se va bene darà si e no un quinto della sua capacità produttiva vesa. “Niente acqua, niente futuro”, dicono gli ovicoltori spagnoli secondo il New York Times.

Gli agricoltori perderanno un sacco di soldi, quest’anno. La siccità ha infatti devastato dozzine di raccolti in tutta Europa: mais in Romania, riso in Italia, fagioli in Belgio e barbabietole e aglio in Francia. E tra i più colpiti c’è proprio il raccolto di olive della Spagna, “che produce la metà dell’olio d’oliva del mondo”

Quasi la metà della produzione spagnola proviene infatti da Jaén, una provincia meridionale delle dimensioni del Connecticut, che produce molto più olio d’oliva ogni anno di tutta l’Italia, la “la più grande foresta artificiale della terra”, piantata dai romani già secoli fa, ovvero la capitale mondiale dell’olio d’oliva.

Qui si estendono 67 milioni di ulivi, piantati su ogni collina e valle, lungo ogni autostrada e strada, in ogni direzione ma “l’Europa sta soffrendo la peggiore siccità degli ultimi 500 anni”, dichiara l’Osservatorio europeo sulla siccità e sta attraversando ondate di calore così gravi che il raccolto di olive di Jaén sarà ridotto di circa il 50 percento rispetto allo scorso anno. Le stime del governo sulla perdita di reddito ammontano già a 1 miliardo di dollari.

Qui, con un aiuto del governo locale, è nata anche un’industria del turismo dell’olio d’oliva, detta “oleoturismo”, che sta iniziando ad affermarsi. 

Ci sono centri termali con trattamenti all’olio d’oliva e negozi specializzati, che vendono dozzine di varietà di olio. L‘almazara’, il frantoio tradizionale, offre degustazioni di olio d’oliva e i visitatori possono anche trascorrere una giornata lavorando e vivendo come un olivicoltore, pasti inclusi, per 27 euro”. L’interesse è stato notevole, una sorpresa. Giè oltre 50 mila i visitatori provenienti da 78 paesi.

Con la siccità i prezzi dell’olio sono però schizzati: per un litro di olio extra vergine d’oliva, qualità superiore, si va a spendere 3,90 euro contro gli 1,8 euro al litro che era la tariffa prima della pandemia. Ma il prezzo della raccolta di quel litro è salito di 2,40 euro. Così per la prima volta in molti anni gli ovicoltori stanno realizzando un buon prezzo, ma i costi stanno aumentando a tal punto che ora perdono soldi. Una vera contraddizione.

Tutti si pongono la stessa domanda: cosa succede a un’economia agricola quando il raccolto viene bruciato da temperature record? I sussidi Ue sono stati essenziali. 

Hanno compensato, ma se si rimuovessero, circa l’80% degli agricoltori di Jaén perderebbe denaro. E il sussidio è destinato a diminuire, il che allarma gli agricoltori. 

Servirebbe abbracciare un’agricoltura più moderna, fatta di attrezzature industriali, ma non è possibile perché la maggior parte dei boschi sono su colline impervie, dove macchine costose come i raccoglitori di olive – trattori da $ 500.000 – non possono arrampicarsi.

Così rischia di morire la capitale mondiale dell’olio d’oliva.

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