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I trapper sono più noti per le volte che finiscono in carcere che per le loro canzoni

Ago 16, 2022

AGI – Fanno più notizia gli arresti per episodi violenti che l’uscita delle loro canzoni. I protagonisti sono i trapper: ventenni italiani di prima o seconda generazione accomunati dal fare una variante dell’hip hop nata a inizio anni Duemila nel Sud degli Stati Uniti d’America.

Un sottogenere del rap in cui il riscatto sociale da una vita difficile si ostenta con i soldi, il lusso e la bella vita. Per alcuni il mezzo per arrivare al successo è la violenza di strada. I testi dei loro brani sono pieni di riferimenti di una vita al limite di rapine, aggressioni e faide. Violenza che travalica i controversi video musicali e sempre più spesso diventa realtà.

Gli ultimi in ordine di tempo sono i romani Traffik ed Elia 17 Baby e il brianzolo Jordan. Il primo e il terzo sono finiti nel carcere di Monza per una rapina a un operaio nigeriano alla stazione di Bernareggio, il secondo nel penitenziario di Sassari per aver accoltellato un uomo durante una rissa su una spiaggia di Olbia.

Traffik, alias del ventiseienne Gianfranco Fagà, non è la prima volta che ha problemi con la giustizia. Così come Jordan, al secolo Jordan Tiniti di 25 anni, che nel 2019 per una clip in cui salta su una gazzella dei Carabinieri attira l’attenzione dei Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Ma Traffik e Jordani non solo i soli.

A fare loro compagnia ci sono altri diversi colleghi. Solo a Milano negli ultimi anni sono tanti i trapper a essere finiti al centro di indagini: da Baby Gang a Neima Ezza del collettivo SevenZoo fino a Kappa24K e Simba La Rue. Quest’ultimo coinvolto in una faida musicale con il rivale padovano Baby Touche’ si sarebbe reso protagonista di almeno due aggressioni prima di essere lui stesso vittima di un agguato in cui ha rischiato di morire.

Personaggi più o meno del variegato panorama musicale in cui spesso la violenza viene usata per acquisire consenso e popolarità sui social. Requisito ormai indispensabile per aumentare le visualizzazioni e gli ascolti dei video e delle canzoni e quindi accaparrarsi contratto discografici da centinaia di migliaia di euro se non milioni. 

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