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La rabbia dei parenti delle 43 vittime del crollo del Ponte Morandi. Mattarella: per loro servono “interventi adeguati”

Ago 14, 2022

AGI – L’attenzione mediatica che scema, la presenza dello Stato sempre più contingentata alla commemorazione, il rischio che alcuni dei reati per cui 59 persone sono imputate vadano in prescrizione.

E poi quel dolore mai placato di chi ha perso la possibilità di condividere la vita con un figlio, una sorella, un compagno, un’amica. Ecco con cosa ogni giorno devono fare i conti i parenti delle 43 persone che il 14 agosto 2018 sono morte, inghiottite dal cemento di un ponte crollato su sè stesso, precipitato in pochissimi istanti alle 11.36 di quella mattina piovosa di quattro anni fa.

 “A forza di osservare minuti di silenzio, abbiamo messo insieme anni di vergogna. Basta: facciamo luce e apriamo le finestre su questo paese. La politica diventi veramente attivita’ per la polis e per la nostra terra”: ha detto Egle Possetti, portavoce del comitato Ricordo vittime di ponte Morandi, che riunisce i parenti dei 43 che persero la vita nel disastro del 14 agosto 2018 nel corso della cerimonia di commemorazione in corso nella Radura della Memoria, sotto il nuovo viadotto Genova San Giorgio, ricostruito dopo il crollo.

Sono parole che stridono con quelle della politica, che le rincorre, cerca di forgiarne di simili, di allinearsi a esse, ma invano. 

Solo in quelle di Sergio Mattarella, forse, i parenti delle vittime del crollo potrebbero riconoscersi.

“Una ferita che non si può rimarginare, una sofferenza che non conosce oblio, una solidarietà che non viene meno. Un dramma che segna la vita della Repubblica e per il quale la magistratura sta doverosamente accertando le responsabilità”, ha affermato il presidente della Repubblica, che sottolinea “l’esigenza di interventi adeguati a sostegno dei familiari delle vittime di tragedie come queste: occorre che la normativa sappia dare risposte a queste esigenze” e ricorda “l’azione preziosa svolta dal comitato dei familiari delle vittime, vero e proprio memoriale vivente della tragedia, in attesa della realizzazione del memoriale proposto a monito permanente”.

“Ho visto una città forte e unita – ha affermato dal canto in un messaggio suo Mario Draghi, presidente del Cosiglio – che non dimentica il passato e che guarda con coraggio al futuro. La rapida realizzazione del nuovo ponte San Giorgio è un esempio straordinario di collaborazione e concretezza, un modello per tutta l’Italia”.

Questo è il giorno in cui la politica è costretta a fermarsi, almeno solo per il tempo di cercare, nella tensione della campagna elettorale, i toni e i termini giusti per non sembrare faziosa.

E li sbaglia o omette quelli relativi alle resposabilità di quella tragedia. Se per Silvio Berlusconi “la ricostruzione del ponte è il simbolo di una rinascita che è appena iniziata”, è Enrico Letta a indicare quello di oggi come “uno dei giorni più tristi della storia italiana”.

“In molti contestano il ‘modello Genova’: sono orgoglioso che la Lega, invece, ci abbia creduto fin da subito”, non manca di ricordare, invece, Matteo Salvini.

A tutti risponde, indirettamente, Possetti: “Ricostruire il ponte – ricorda – era certamente un dovere nei confronti dei cittadini. L’aver dato grande enfasi all’inaugurazione, però, non l’abbiamo mai accettato e solo dopo l’intervento del presidente Mattarella c’era stato un ridimensionamento di quell’evento. È chiaro che da una vicenda del genere come città devi provarne a uscire rafforzata, dando un segno di ripartenza, ma, senza apparire iper critica, sembra quasi che questo crollo sia diventata ‘la gallina dalle uova d’oro”‘, col ‘modello Genova’ che viene rilanciato in ogni campagna elettorale”.

A Genova sono andati in scena, per la quarta volta, gli interventi delle istituzioni, dalle autorità religiose a quelle politiche, nazionali e locali; il maxi schermo su cui si sono succeduti nomi e volti di chi non c’è più; la rabbia e la disillusione dei parenti delle 43 vittime; il minuto di silenzio, alle 11.36, ora in cui il Morandi è collassato su se’ stesso quel martedì tragico di 4 anni fa.

“La città di Genova avrà per sempre questa data scolpita nella pietra” ha detto il sindaco Marco Bucci. “Sono quattro anni che ci troviamo qua e il tempo non asciuga le lacrime – ha aggiunto il presidente della Liguria, Giovanni Toti – ma ci permette di analizzare quello che è stato fatto davvero e cosa resta da fare”.

A celebrare la messa è stato l’arcivescovo di Genova Marco Tasca. “È una giornata difficile – ha detto –  con ancora tante domande”.

Le fa, ancora una volta, Egle Possetti: “La definitiva cessione di Aspi ha determinato una forte retribuzione ai responsabili di questa tragedia. La via di un annullamento contrattuale era quella giusta. Nessun restyling cancella il fango. I media dovrebbero essere stati inclementi con loro. Abbiamo consegnato nelle mani di questi azionisti oltre otto miliardi di euro – ha ricordato – Dobbiamo avere la forza e la tenacia di andare oltre, non possiamo crollare come quel povero ponte bistrattato che ha resistito 5 anni dopo che era stato evidenziato il rischio del suo crollo. Abbiamo avuto rassicurazioni sulla realizzazione del Memoriale e almeno su questo vogliamo avere fiducia. Il nostro Stato – ha aggiunto Possetti – ha molto da farsi perdonare. La firma dei contratti di concessione che non firmerebbe un bambino dell’asilo. Il nostro disegno di legge è perso nei meandri della crisi di governo Speriamo che il prossimo parlamento se ne faccia carico”.

Nel disastro Possetti perse la sorella, il cognato e due nipotini: “Siamo disillusi – ha concluso – ma speriamo che qualcuno possa stupirci”.

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