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Imposta di successione, la tassa che da sempre divide la politica

Ago 1, 2022

AGI – Quella della tassa di successione,  è una questione che da sempre divide sia gli economisti che i partiti ed è spesso stata usata come terreno di scontro nell’agone politico. Soprattutto in campagna elettorale. E anche oggi la ‘tradizione’ sembra ripetersi.

Chi pensa che sia comunque una querelle moderna si sbaglia di grosso: se ne ha già traccia nel 7^ anno dopo Cristo con Augusto, poi nella Repubblica Veneta e più recentemente, ma per criticarla, intervenne invece Luigi Einaudi nel 1943. E ancora più vicino ai giorni attuali ‘storico’ anche lo scontro tra un ministro, come Padoa Schioppa, che definì le tasse “bellissime” a Silvio Berlusconi che paragonò l’evasione alla legittima difesa.

“Oggettivamente immorale”, la definì Giulio Tremonti nel 1997 al quale rispose Romano Prodi: “L’abolizione cancella uno dei principali strumenti di uguaglianza sociale”.

Il dibattito, comizio dopo comizio e campagna elettorale dopo campagna elettorale, andò avanti fino al 2000 quando la tassa di successione venne ridotta dal governo Amato II con la legge n. 342/2000 e con ministro delle Finanze il socialista ex segretario generale aggiunto della Cgil Ottaviano Del Turco.

Appena un anno, e sarà il governo Berlusconi II ad abolirla con la legge n. 383/2001. Un provvedimento che era stato al centro della campagna elettorale dello stesso Berlusconi e che venne salutato con grande entusiasmo dalla maggioranza di governo.

L’imposta è stata però ripristinata nel 2006 dal governo Prodi II con il leader di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti che dichiarò in campagna elettorale: “Sono per  reintrodurla solo per patrimoni e ricchezze sopra una certa soglia” Nel 2007 intanto viene reiterata con l’esenzione nel nucleo familiare portata a 1 milione di euro per erede.

Nel 2008 il ‘Cavaliere’ rilancia: “la aboliremo” ma non se ne fece niente. Nel 2019 è l’allora pentastellato Luigi Di Maio a definirla illiberale.

E lo stesso Enrico Letta, che l’ha rilanciata, l’aveva riproposta nel 2021. A bocciarla questa volta una voce autorevole, quella del premier Mario Draghi che causticamente rispose: “non è il momento”. 

Ultima a pronunciarsi, l’anno scorso, la Corte Costituzionale (Presidente Cartabia) che ha dichiarato l’attuale tassazione conforme alla Costituzione.

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