MILANO – Il giorno dopo la maxi multa da 13 miliardi di euro nei confronti di Apple per l’accordo fiscale illegale stretto con l’Irlanda, i funzionari della Commissione europea si trincerano dietro il più classico dei “no comment”. Mentre a Dublino si è riunito il governo per decidere tempi e modi dell’eventuale ricorso contro la decisione di Bruxelles. Dagli Stati Uniti, intanto, torna a parlare il segretario al Tesoro, Jack Lew, da un lato preoccupato per l’attivismo europeo nei confronti delle aziende americane, dall’altro invitando il Congresso Usa a intervenire sul sistema fiscale.
All’ordine della riunione della riunione del governo irlandese c’è la volontà di ricorrere contro Bruxelles, ma i tempi dell’azione annunciata dal ministro delle Finanze, Michael Noonan, potrebbero tuttavia slittare per permettere una discussione approfondita “delle ansie e delle preoccupazioni” di alcuni componenti della compagine. In particolare, secondo i media locali, qualche dubbio sulla scelta di alzare immediatamente a livello legale il tono dello scontro con l’Ue è stato espresso da alcuni “ministri indipendenti”.
Dagli uffici della Commissione Ue, invece, tutto tace. Una scelta non certo dettata dalle preoccupazioni per le reazioni di Dublino o degli americani, ma perché – dicono fonti europee – è già stata la stessa commissaria alla Concorrenza, Margrethe Vestager, a dire di non temere contraccolpi per gli investimenti in Europa. “Quando vedo il lavoro che stanno facendo i miei colleghi Katainen per il Piano Juncker e Bienkowska per il mercato interno, non sono preoccupata” per il futuro degli investimenti in Europa, ha già avvertito ieri Vestager, ricordando l’azione simile alla sua del lontano predecessore Mario Monti. Nonostante la sua maxi-multa a Microsoft, non ci fu nessun impatto sugli investimenti ‘hi-tech’ nell’Ue. E quanto allo scontro con gli Usa, ha aggiunto la commissaria, con loro “condividiamo lo stesso approccio di Ocse e G20 nella lotta all’evasione fiscale e gli stessi valori di una tassazione equa nei confronti dei cittadini”, aggiungendo nonostante le accuse del Tesoro americano, di non aver cambiato “nessuno regola”.
Tuttavia, il segretario al Tesoro americano, Jack Lew, tornando a parlare del caso Apple ha voluto sottolineare come le principali azioni dell’Unione europea sembrino concentrate sulle aziende americane. Washington teme che Bruxelles usi la teoria degli aiuti di Stato per le norme sulle tasse e ritengono che l’approccio dell’Ue metta in pericolo il contesto fiscale europeo. Anche per questo Lew chiede al Congresso di agire per affrontare il nodo della riforma delle tasse precisando che l’America condivide con l’Ue l’impegno a chiudere le scappatoie fiscali per l’elusione.
Intanto, nel suo ultimo editoriale il New York Times non fa sconti a Cupertino. “La Apple ha avviato un’aggressiva pianificazione fiscale da almeno una decina di anni, che l’ha portata a nascondere 100 miliardi di dollari in Irlanda, guadagnati senza pagare tasse in nessuna parte del mondo, come comprovato da un’inchiesta del Senato Usa. Con un eccesso di arroganza, la società ha creduto che i suoi magheggi in un conclamato paradiso fiscale come Irlanda non venissero mai considerati illegali, sebbene l’Unione europea fosse già intervenuta nei confronti di altre imprese come Amazon, Fiat e Basf“.
Secondo il quotidiano, gli Stati Uniti, invece, hanno sbagliato perché al posto di perdere tempo a decidere quanto e come tassare i capitali delle aziende Usa all’estero avrebbero dovuto agire velocemente, quanto meno prima che intervenisse l’Unione europea. Ora attaccare l’Europa non ha senso, anzi è una battaglia di retrovia. Sarebbe meglio che i democratici e i repubblicani si mettessero d’accordo su come aggredire i 2.100 miliardi di dollari Usa parcheggiati all’estero.