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Il nuovo orizzonte di Pirlo, leader senza ansia

Mar 23, 2021

Pirlo allenatore è un contenitore non del tutto pieno. E come tutti i contenitori non del tutto pieni ha una parte vuota che lascia spazio a potenziale e supposizioni. Non sembra avere nei geni l’ansia della maggior parte di altri grandi allenatori come Guardiola, Simeone, Conte.
L’ansia muove, è creativa. Porta a cercare in modo quasi ossessionato quelle soluzioni che nel calcio si tramutano in vittoria.
L’ansia nei leader è uno dei modi per tenere sulla corda un gruppo, per controllare. Non l’unico.
 Pirlo, prima di tutto persona e calciatore non ansioso, sembra più simile a Zidane. 
Punta a essere una guida illuminata, un campione che riconosce i suoi simili. Pirlo però non ha il numero di fuoriclasse che ha avuto Zidane nella sua prima gestione.
Nemmeno quelli che ha Steve Nash a Brooklyn, se vogliamo tenere il termine comparativo di chi è alla prima esperienza.
Ecco, perché va aggiunto che Pep e Zinedine, a differenza sua, prima di allenare una Prima squadra lo avevano fatto nelle giovanili.
E’ il modo per testare se stessi e i propri metodi.
Un modo per procedere come si fa sempre nella vita: per tentativi ed errori. Solo così si trasforma un ideale in una soluzione. Solo così la competenza può diventare bellezza.

Andrea Agnelli aveva scelto questo percorso per lui, non dimentichiamolo. Sarebbe dovuto partire dall’Under 23. Poi la situazione lo ha portato a dire: Sarri non lo sento adatto a costruire nel mio stile, seguo il mio istinto nel valutare le persone e le loro traiettorie e vado direttamente su Pirlo. Una visione da gambler. Questa scelta portava per forza con sé una consapevolezza: lasciarsi il tempo di sbagliare per raccogliere in un tempo più lungo.
Uno specchio involontario della situazione che stiamo vivendo tutti noi in quest’anno pandemico: seminare, per raccogliere quando terminerà questo bizzarro eterno presente. Pirlo, da buon esteta, ha cercato il calcio che sentiva suo, voce del verbo di Guardiola, per poi scontrarsi con la realtà. Processo fisiologico normale e saggio. Fonseca ha recentemente raccontato che appena arrivato in Italia pensava a un calcio di possesso, per poi realizzare che le ripartenze sono la chiave di Sol per far suonare il pentagramma in Serie A.

Pirlo si è trovato in questo anno così particolare a gestire una Juve in transizione, con il faro del progetto, Ronaldo, che resta uno strepitoso terminale offensivo ma potrebbe anche condizionare lo sviluppo armonioso futuro. 
Ora c’è un vero grande obiettivo presente: allenarsi a lottare fino alla fine per lo scudetto ma centrare assolutamente i primi quattro posti. Poi arriverà il momento della sua centratura. L’estate, il tempo lento della stagione calcistica che permette di riflettere e capire come ripartire. Sarà il momento della centratura anche per la Juve. Per decidere se è stato un Maggese o un anno di siccità.

Pirlo allenatore è un contenitore non del tutto pieno. E come tutti i contenitori non del tutto pieni ha una parte vuota che lascia spazio a potenziale e supposizioni. Non sembra avere nei geni l’ansia della maggior parte di altri grandi allenatori come Guardiola, Simeone, Conte. L’ansia muove, è creativa. Porta a cercare in modo quasi ossessionato quelle soluzioni che nel calcio si tramutano in vittoria. L’ansia nei leader è uno dei modi per tenere sulla corda un gruppo, per controllare. Non l’unico.  Pirlo, prima di tutto persona e calciatore non ansioso, sembra più simile a Zidane.  Punta a essere una guida illuminata, un campione che riconosce i suoi simili. Pirlo però non ha il numero di fuoriclasse che ha avuto Zidane nella sua prima gestione. Nemmeno quelli che ha Steve Nash a Brooklyn, se vogliamo tenere il termine comparativo di chi è alla prima esperienza. Ecco, perché va aggiunto che Pep e Zinedine, a differenza sua, prima di allenare una Prima squadra lo avevano fatto nelle giovanili. E’ il modo per testare se stessi e i propri metodi. Un modo per procedere come si fa sempre nella vita: per tentativi ed errori. Solo così si trasforma un ideale in una soluzione. Solo così la competenza può diventare bellezza.
Andrea Agnelli aveva scelto questo percorso per lui, non dimentichiamolo. Sarebbe dovuto partire dall’Under 23. Poi la situazione lo ha portato a dire: Sarri non lo sento adatto a costruire nel mio stile, seguo il mio istinto nel valutare le persone e le loro traiettorie e vado direttamente su Pirlo. Una visione da gambler. Questa scelta portava per forza con sé una consapevolezza: lasciarsi il tempo di sbagliare per raccogliere in un tempo più lungo. Uno specchio involontario della situazione che stiamo vivendo tutti noi in quest’anno pandemico: seminare, per raccogliere quando terminerà questo bizzarro eterno presente. Pirlo, da buon esteta, ha cercato il calcio che sentiva suo, voce del verbo di Guardiola, per poi scontrarsi con la realtà. Processo fisiologico normale e saggio. Fonseca ha recentemente raccontato che appena arrivato in Italia pensava a un calcio di possesso, per poi realizzare che le ripartenze sono la chiave di Sol per far suonare il pentagramma in Serie A.
Pirlo si è trovato in questo anno così particolare a gestire una Juve in transizione, con il faro del progetto, Ronaldo, che resta uno strepitoso terminale offensivo ma potrebbe anche condizionare lo sviluppo armonioso futuro.  Ora c’è un vero grande obiettivo presente: allenarsi a lottare fino alla fine per lo scudetto ma centrare assolutamente i primi quattro posti. Poi arriverà il momento della sua centratura. L’estate, il tempo lento della stagione calcistica che permette di riflettere e capire come ripartire. Sarà il momento della centratura anche per la Juve. Per decidere se è stato un Maggese o un anno di siccità.

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