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180, un Franciacorta nel nome di Franco Basaglia

Set 20, 2016
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Nel Parco di San Giovanni a Trieste, dove Franco Basaglia abbatté il muro che separa la cosiddetta normalità dalla follia, la cooperativa sociale Clarabella di Brescia, porta il suo Franciacorta 180, millesimato top di gamma. Il nome onora quella legge, che proprio qui, nella sede dell’ex ospedale psichiatrico triestino diviene simbolo di una rivoluzione attuata. E’ un vino che sa di storia e cambiamento, di rinnovati rapporti umani, di diritti restituiti, di dignità e libertà. Non poteva essere altrimenti per un prodotto che nasce da una di quelle organizzazioni lavorative nate con la rivoluzione basagliana e tese ad avviare percorsi di cura ed assistenza a favore degli utenti dei servizi di salute mentale e a sviluppare attività produttive di reinserimento a vantaggio di quanti soffrono o hanno sofferto di disagio psichico.

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Nel nome di Basaglia

“Chiamarlo 180 è stato un atto doveroso per la nostra cooperativa – spiega Alessandro Mogavero che con Aldo Papetti guida il settore vitivinicolo della Cascina Clarabella – quel nome sull’etichetta è segno di passione, lavoro e solidarietà, di impegno solidale ed inclusivo, di una cultura del prendersi cura”. E’ un’etica di fondo che non cerca sconti sulla qualità del prodotto. E il risultato è sorprendente. Prodotto da uve biologiche selezionate dalla vendemmia 2009, vinificate per il 50% in barrique, Franciacorta 180 dopo 60 mesi di permanenza sui lieviti, ha trascorso un ulteriore anno di affinamento in bottiglia dopo la sboccatura. Colore giallo oro intenso, perlage fine. Note speziate ed erbe aromatiche. Al palato risulta secco, deciso e fragrante, con spunti di vaniglia e pietra focaia.

“E’ un vino eccellente” spiega Dennis Metz, miglior sommelier d’Italia nel 2012, vice campione del mondo nel 2013 che a Trieste coordina il Posto delle Fragole, che all’interno dell’ex ospedale psichiatrico, gestito dalla cooperativa sociale La Collina offre servizi di ristorazione e degustazione di vini di alta gamma. “Il colore è intenso, il perlage finissimo – aggiunge – è una carezza in bocca, grazie alle bollicine fini, perfettamente integrate. E’ un prodotto da paragonare alle importanti bottiglie di Franciacorta più blasonate, un vino che porta alto, con orgoglio, il messaggio scritto sull’etichetta”.

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Il primo vigneto Clarabella lo ha piantato nel 2003 tra i Comuni di Corte Franca e Iseo. Fa parte di un consorzio che comprende altre tre cooperative: Diogene che si occupa degli aspetti socio-sanitari legati alla psichiatria, Dispari che sviluppa servizi per le aziende e gli enti pubblici e I Perinelli che svolge attività agricole. Clarabella oltretutto segue i principi dell’agricoltura biologica, con serietà e competenza. “La prima vendemmia spumantizzata è stata nel 2005 – ricorda sorridendo Mogavero – abbiamo prodotto duemila bottiglie di brut e ancora oggi ne conserviamo qualcuna in cantina”.

70mila bottiglie l’anno

Poi nel 2009 viene completato il programma di lavoro più ambizioso rispetto alle premesse iniziali: da un ettaro e mezzo si passa a undici ettari vitati e la produzione cresce fino alle 70mila bottiglie annuali. Il 90% viene venduto in Italia, nei ristoranti, enoteche e wine-bar di livello. La parola d’ordine era e resta infatti la qualità, un traguardo raggiunto tanto che la Onlus è entrata nel Consorzio Franciacorta.

L’impossibile è possibile

“Nel 2008 ci è venuto spontaneo iniziare a mettere da parte qualche bottiglia – racconta Mogavero – per vedere cosa accade con lunghi periodi di affinamento sui lieviti. E qui le piacevoli sorprese nel vedere che i 36-42 mesi su i lieviti che ci sembravano già tanto sono diventati 60, e con possibilità di prevedere qualcosa anche di più ambizioso. Mille, duemila bottiglie ce le destiniamo ogni anno a quanto appena descritto per poi riproporle con etichetta 180” L’importante è che abbiamo dimostrato che l’impossibile è possibile, come diceva Basaglia. E se assaggi questo vino, scopri una volta di più che aveva ragione.

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