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Dalla Ue 600 milioni a 301 cervelli top, solo in sette faranno ricerca in Italia

Dic 10, 2019

italiani tra i migliori

Nella classifica delle nazionalità dei ricercatori gli italiani sono quarti dopo tedeschi, francesi e olandesi. Ma tra i 24 Paesi che ospiteranno questi ricercatori top l’Italia scende addirittura al dodicesimo posto

di Marzio Bartoloni

10 dicembre 2019


Da Ue 621 milioni a giovani ricercatori, 18 in Italia

3′ di lettura

Il grande spreco in Italia non è solo quello dei fondi europei non utilizzati come si dovrebbe, ma anche lo spreco di talenti italiani ed europei che potrebbero fare ricerca nei nostri laboratori e nelle nostre università, ma che scelgono di andare altrove portando in altri Paesi stanziamenti Ue e anche innovazione all’avanguardia. L’ultima impietosa fotografia arriva dai fondi che l’Erc, il Consiglio europeo della ricerca, ha appena assegnato ai 301 ricercatori top d’Europa 600 milioni.

Gli italiani si confermano scienziati di livello: quarti con 23 borse vinte, ma l’Italia è in coda con solo 7 cervelli (tutti italiani) che hanno scelto il nostro Paese, che si dimostra una meta a bassa attrattività per la ricerca da sempre Cenerentola nei finanziamenti.

Le nazionalità dei vincitori

L’Erc ha appena scelto su circa 2500 progetti presentati i 301 vincitori dei cosiddetti «consolidator grant»: le borse destinate a scienziati con carriere promettenti che valgono fino a 2 milioni di euro da spendere per sviluppare i propri progetti di ricerca. Tre le macro-aree finanziate: progetti di ricerca in «Life Sciences», in «Physical Sciences and Engineering» e in «Social Sciences and Humanities». In base a questo ultimo bando del Consiglio europeo della ricerca arriva la conferma della bontà del nostro «vivaio scientifico». Nella classifica delle nazionalità dei ricercatori che comprende anche Paesi extra Ue invitati a partecipare a questi bandi gli italiani sono quarti con 23 progetti vinti dopo tedeschi (55), francesi (33) e olandesi (28), ma prima di inglesi (18), israeliani (16) e spagnoli (14), americani (13), svizzeri (10) e belgi (9) per citare solo le prime dieci nazionalità.

La classifica dei Paesi che ospitano i cervelli

In realtà la vera “classifica” che conta è un altra. E qui finiscono le buone notizie. Tra i 24 Paesi che ospiteranno questi ricercatori top l’Italia scende addirittura al dodicesimo posto. Il Paese che ospita più ricercatori vincitori di grant è la Germania, ben 52 (oltre un terzo dei cervelli viene dall’estero), seguita dall’Inghilterra che nonostante la Brexit attrarre oltre la metà dei 50 ricercatori da altri Paesi; al terzo posto la Francia con 43 borse (quasi la metà dall’estero). A seguire Olanda (32), Svizzera (23), Israele (16), Spagna (12), Svezia (10), Belgio (9), Danimarca (9), Norvegia (8) e infine appunto Italia che con solo 7 ricercatori ospitati si piazza a un impietoso dodicesimo posto. Con un dettaglio non da poco: i sette cervelli ospitati sono tutti italiani. Nessuno straniero ha scelto il nostro Paese per fare ricerca a dimostrazione della bassa attrattività del nostro sistema di ricerca da anni sottofinanziato e con una regìa nazionale scarsa. E gli altri 16 ricercatori italiani che hanno vinto il grant? Tutti all’estero.

I progetti italiani

Sono sette come detto le strutture italiane che ospiteranno i progetti di ricerca: ci sono la Sissa si Trieste, l’Iit di Genova, la Normale e il Sant’Anna di Pisa, l’Inaf (Istituto nazionale di astrofisica), l’università di Reggio Emilia e Modena, il Politecnico di Milano e la Ca Foscari di Venezia. Tra i vincitori del grant c’è Mario Caironi che realizzerà all’Iit di Genova il progetto “Electronic Food”: tra le applicazioni della sua ricerca ci sono dispositivi biomedici elettronici da ingerire per garantirsi un monitoraggio continuo dello stato di salute nel tratto gastrointestinale o etichette da apporre direttamente sugli alimenti, senza bisogno dell’imballaggio, per controllarne lo stato di conservazione e per garantirne l’autenticità. Il progetto di ricerca “CAPTUR3D” ideato e guidato dal professor Francesco Cardarelli della Scuola Normale Superiore di Pisa punta invece sui fasci di luce per catturare i segnali nelle cellule. Questa strategia innovativa sarà applicata al granulo di insulina, struttura microscopica deputata alla regolazione dei livelli di glucosio nel nostro sangue, e il cui malfunzionamento costituisce un fattore distintivo nella fisiopatologia del diabete.

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