le indagini di genova
Negli atti depositati dai pm iniziano a vedersi le parti più delicate delle intercettazioni. Con possibili conseguenze sul subentro di Cdp ai Benetton
di Maurizio Caprino
Negli atti depositati dai pm iniziano a vedersi le parti più delicate delle intercettazioni. Con possibili conseguenze sul subentro di Cdp ai Benetton
4 dicembre 2020
5′ di lettura
Revocati gli arresti domiciliari all’ex-ad di Autostrade per l’Italia (Aspi), Giovanni Castellucci, confermati all’ex-direttore Manutenzioni, Michele Donferri Mitelli, che ricorrerà in Cassazione. Si chiude così il primo round “pesante” al Tribunale del Riesame di Genova sugli arresti eccellenti dell’11 novembre nel filone barriere fonoassorbenti delle indagini sul caso Aspi. Ma s’intuiscono elementi di eventuale responsabilità della società, che possono interferire nelle trattative sul subentro di Cdp. C’è di mezzo anche il ruolo del Mit.
Questi elementi sono nelle 5.600 pagine depositate dalla Procura, le stesse che hanno indotto Carlo Longari e Adolfo Scalfati, legali di Castellucci, a precisare di aver chiesto al Riesame di valutare solo se l’arresto fosse «compatibile» con la posizione dell’indagato e non anche di «riesaminare il merito della vicenda»: la procedura non lascia tempo per «dedurre argomenti e produrre documentazione contrari».
Le intercettazioni più delicate
La Procura inizia a scoprire le intercettazioni più delicate. Pare emergere anche il depistaggio di indagini e processo sulla strage del bus di Avellino (40 morti nel 2013), con la condanna in primo grado dei soli responsabili locali di Aspi. Per ora tutto ruota sugli sfoghi di Paolo Berti, arrestato anch’egli l’11 novembre e condannato ad Avellino a cinque anni e sei mesi, dopo essersi accollato molte responsabilità come direttore di tronco, in cambio di carriera e stipendi.
Negli atti trapelati sinora a Genova, questo accollo di responsabilità appare solo negli sfoghi di Berti con Donferri, subito dopo la condanna di Avellino (11 gennaio 2019). E Donferri non lo smentisce, anche se va tenuto conto che difficilmente potrebbe: in quel momento il suo ruolo appare soprattutto quello di tranquillizzare il collega arrabbiato con Castellucci per essere stato «scaricato» e «usato» nella vicenda di Avellino.
Ma i primi elementi di una possibile strategia aziendale per salvare i vertici risalgono addirittura a subito dopo la strage del 2013. Sono rimasti per anni negli atti della Procura di Roma, in un’inchiesta su infiltrazioni di un’azienda in odor di camorra in lavori autostradali che poi hanno portato a crolli. Rilette oggi, fanno un certo effetto le parole di un geometra di Aspi, Gianni Marchi, rimasto a gestire gare fino al 2018. Il Sole 24 Ore.com le aveva svelate in esclusiva il 13 marzo 2019, quando Aspi smentì solo la parte relativa a Castellucci (all’epoca già fuori azienda, ma ancora amministratore delegato della capogruppo Atlantia).