I paninari sono stati un fenomeno tipico e solo degli anni ottanta e a parte qualche polaroid sbiadita e un sacco di ricordi di chi quel decennio l’ha vissuto, questa controcultura non ha lasciato granché. Ma è proprio scavando nei ricordi che si riconoscono alcuni esempi che codificano lo stile e il genere del paninaro. Tra giacche e smanicati Moncler, Levi’s e Timberland, anche la moto “giusta”, ha trovato collocazione nella sfera del movimento più volutamente commerciale e consumista della storia d’Italia.
La storia della Zündapp
Paradossalmente, ciò che non è mai stato commerciale è proprio la motocicletta eretta a icona dai paninari, la Zündapp KS 125.
Nata a Norimberga nel 1917 dall’unione di tre aziende di munizioni, la Zunder und Apparatebau Gmbh, dopo la Prima Guerra Mondiale cambiò nome in Zündapp geselshaft fur den bau von Specialmaschinen, costruendo trattori, turbine, cavi e prodotti analoghi. La prima moto fabbricata nel 1921 la Z22, fu proclamata “Volksmotorrader” (vi ricorda qualcosa?) e montava un monocilindrico due tempi da 211 cc con trasmissione finale a cinghia. Dal primo modello ne derivarono altre come la versione sportiva Z2G e la K249 del 1923 da 249 cc. Partecipò alle competizioni fin da subito come la Wurgau hill.climb, piazzandosi ai primi tre posti.
L’azienda lavorava a livelli record e nel 1924 raggiunse le 10.000 unità vendute e la Z249 divenne molto popolare tanto da rimanere in produzione fino al 1927. Nel 1928 il governo tedesco varò una legge che defiscalizzava le moto di cilindrata inferiore ai 200 cc e le Zündapp di più grossa cubatura persero popolarità e fu allora che comparve la Z200 con motore monocilindrico due tempi da quattro cavalli e mezzo e cambio manuale a tre rapporti. Negli anni seguenti la sede si spostò nel nuovo stabilimento di Norimberga-Schweinau, ma il mercato subì degli scossoni con la crisi del ‘29, ridimensionando la produzione di moto. Negli anni trenta ci fu una bella ripresa e dalle linee della fabbrica uscirono i modelli B170, B200, DB 175, K300, K400, K500, K600 e K800.
La lettera “K” stava per Karden e i motori erano dei bicilindrici boxer fissati su telai in acciaio. Nel 1938 cambiò nome in Zündapp-GmbH Nurnberg e durante la Seconda Guerra Mondiale convertì la produzione in veicoli militari lanciando un mezzo tattico come il KS750 sidecar. Con le conseguenze del secondo conflitto, la produzione postbellica di motociclette divenne impossibile e dopo essersi occupata della distribuzione di patate e grano macinato per sfamare la popolazione allo stremo, dalle linee uscirono macchine agricole più utili a rimettere in piedi una Germania devastata. Solo nel 1947 riuscì a riprende la fabbricazione di moto con l’uscita della DB200 e dopo il trasferimento della società a Monaco di Baviera per la progettazione di nuovi modelli, uscirono la KS601 (1950) e la DB205 (1954).
Seguendo la scia tracciata dai nuovi scooter, Vespa e Lambretta, nel 1956 a Monaco presentarono “Bella”, con motore bicilindrico trasversale di 151 cc. Negli anni settanta produsse un 125 in varie versioni, che vendette molto. Utilizzata anche nelle competizioni vinse il titolo europeo Classe 125 all’interno del World Motocross Championship nel 1973 e nel 1974 con il belga André Malherbe e l’ISDT Trophy nel 1975 e nel 1976 con la nazionale tedesca.
L’esplosione del marchio Zündapp in Italia
L’innovazione arrivò nel 1978 con l’introduzione di nuovi modelli raffreddati a liquido e una nuova serie di 50 e 125 cc. L’esplosione degli anni ottanta in Italia andò di pari passo con l’uscita dei modelli KS125 e KS 175, un sogno per molti che le definivano “più motociclette” delle altre di pari segmento.
Come tutto l’outfit degli aderenti a questa moda, era una motocicletta costosa rinforzata nella sua distribuzione da una concessionaria di via Porta Tenaglia a Milano, adiacente all’area frequentata da quei giovani, tanto da diventare una tendenza dal nulla. L’esplosione del marchio Zündapp in Italia derivò soprattutto dal mondo paninaro, che valorizzava la città come universo in cui muoversi e la versione stradale 125 faceva al caso proprio. Coincidenza, il prezzo la identificava come moto non per tutti, ma di base aveva soluzioni tecniche interessanti e che altre non avevano come le sospensioni da trentacinque millimetri. Alle basse vibrazioni del motore, si aggiungeva il raffreddamento a liquido che dava pochissimi problemi e un miglior rendimento.
Ma come in ogni movimento che si rispetti, anche la moto doveva comunicare un’identità precisa e le modifiche erano all’ordine del giorno. Innanzitutto, la colorazione aveva il suo peso e molti la volevano verde come le Kawasaki o le BMW dell’epoca, poi il manubrio veniva sostituito con un modello più sportivo per darle quello stile cafè racer, ripreso negli anni. A livello tecnico le modifiche riguardanti il motore erano essenziali. Il 125 cc sviluppava 17 Cv per una velocità di punta intorno ai 123 Km/h. Elaborandolo, molte volte sostituendolo direttamente con il 170 cc, si arrivava comodamente ai 150 Km/h.
La triste fine della Zündapp
Il successo della Zündapp derivante da quel periodo fu anche il suo canto del cigno. Nel 1984, l’azienda tedesca chiuse per bancarotta. La rilevarono prima i cinesi trasformandola in Xun-Da per poi essere assorbita da Honda con la totale scomparsa del marchio storico.
La moto dei ricchi: in un’intervista uscita nel novembre 2007 su un noto mensile di costume, Alessandro Gassmann raccontava il proprio rapporto con le moto e gli aneddoti che ne hanno caratterizzato la passione. Tra questi, racconta che a sedici anni prese la patente, papà Vittorio gli regalò una moto e indovinate un po’, era una Zündapp KS 125. Lunga vita!