Quando la F1 si prepara a spegnere le luci sulla stagione, c’è un solo luogo che, più di ogni altro, concentra l’essenza del gran finale: Yas Marina. Il circuito di Abu Dhabi non è semplicemente l’ultimo appuntamento del calendario, ma un laboratorio tecnico, un’arena scenografica e negli anni, un contenitore di storie che hanno inciso in profondità sulla narrazione moderna della F1. Dalla prima edizione del 2009 alla sua trasformazione nel 2021, Yas Marina è diventato un palcoscenico globale, un set illuminato da 4.700 luci LED, un microcosmo dove si intrecciano tecnologia estrema, strategia, cultura del luogo e spesso i destini di intere carriere.
L’edizione di quest’anno porta con sé anche un significato ulteriore, Abu Dhabi è l’ultimo GP in cui vedremo in gara l’attuale generazione di pneumatici, quelli introdotti nel 2022 con il passaggio ai cerchi da 18 pollici. Dal 2026 arriverà una gomma più stretta e ottimizzata per la nuova filosofia aerodinamica delle monoposto. Un altro tassello che rende Yas Marina, ancora una volta, luogo di transizione.
Un circuito giovane diventato icona
Progettato da Hermann Tilke e inaugurato nel 2009, il circuito di Yas Marina rappresenta la quintessenza della F1 moderna: infrastrutture avveniristiche, layout costruito attorno allo spettacolo televisivo e una scenografia che sembra uscita da un film di fantascienza. Il paddock è un villaggio futuristico, il porto interno pullula di yacht, il passaggio sotto lo Yas Hotel, è una delle immagini più riconoscibili del Circus.
Il tracciato si estende oggi per 5.281 metri da percorrere in 58 giri, articolandosi in 16 curve dopo la modifica del 2021 che ha eliminato alcune chicane lente per migliorare il flusso e favorire i sorpassi. E, in effetti, la pista è oggi più scorrevole, più intuitiva e soprattutto più adatta alle monoposto a effetto suolo. Il giro più veloce appartiene a Kevin Magnussen che nel 2024 ha fermato il cronometro a 1.25:637.
Le gomme cambiano, Yas Marina anche
L’edizione 2024 di Abu Dhabi è stata anche l’ultima con le gomme introdotte nel 2022. Dal prossimo anno, vedremo pneumatici leggermente più stretti, pur mantenendo i cerchi da 18″. È un’evoluzione nata per adattarsi alle nuove vetture che entreranno in scena nel 2026. Storicamente, Yas Marina è un circuito che genera graining, soprattutto nelle prime sessioni. Il fenomeno negli ultimi anni si è ridotto grazie al nuovo asfalto e alle modifiche al layout, ma il degrado rimane di natura termica, concentrato soprattutto sulle gomme posteriori. Il motivo? Il terzo settore, un tratto dove trazione e inserimento lento stressano enormemente il retrotreno.
Nel 2024, tra i primi dieci, solo Alonso ha optato per una gara a due soste, un dettaglio che racconta quanto la gestione gomme sia cruciale ma anche quanto la pista, nel suo rinnovamento, premi equilibrio e costanza più della pura aggressività strategica.
La struttura del tracciato
Yas Marina è un circuito che va compreso per settori. Solo così si capisce perché abbia una personalità così evidente e perché i piloti lo definiscano, al tempo stesso, tecnico e ingannevole.
Settore 1
Il primo settore, riasfaltato quest’anno fino a Curva 4, è il più veloce del circuito. Si apre con una Curva 1 secca, che richiede una precisione millimetrica. Prendere troppo spazio significa ritrovarsi larghi in uscita, sbagliare l’ingresso compromette completamente il giro. Seguono curve ampie, quasi da pista moderna, che mettono alla prova l’aderenza dell’asfalto, famoso per la sua rugosità media grazie all’aggregato di granito importato dall’Inghilterra. È un settore che dà fiducia, ma che tende a illudere. Chi lo chiude con troppo ottimismo spesso paga pegno nei settori successivi.
Settore 2
Il cuore pulsante del tracciato è qui. Il settore 2 è dominato dal rettilineo da 1,2 km tra Curva 5 e Curva 6, un’autostrada moderna dove DRS, mappatura motore e carico aerodinamico diventano i tre assi della performance. Le frenate che lo aprono e lo chiudono sono tra le più delicate del mondiale, entrambi i punti costringono i piloti a decelerare da oltre 300 km/h per infilarsi in curve lente dove ogni metro guadagnato in frenata vale un sorpasso.
È anche il tratto dove impostazione aerodinamica e resistenza all’avanzamento definiscono il bilancio della gara.
Settore 3
Può sembrare semplice, ma non lo è. Il settore 3 è il più tecnico, un insieme di curve a media e bassa velocità in cui aderenza meccanica, trazione e gestione del retrotreno fanno la differenza. Le sequenze Curve 10-11-12 sono un banco di prova micidiale. Carichi laterali pesantissimi, frenate che stressano le gomme posteriori e un ritmo che sembra facile da interpretare, ma che sbagliare di pochi centimetri rende il giro disastroso. È qui che, in molte edizioni, si sono decisi piazzamenti, punti e in casi estremi anche Mondiali.
La pista, numeri e curiosità
Se Interlagos è caos, Suzuka poesia tecnica e Monza iconografia pura, Abu Dhabi è diventato negli anni il finale naturale della F1. Le statistiche lo confermano: 5 vittorie e 5 pole per Lewis Hamilton, recordman della pista. Ben 4 vittorie per Max Verstappen, che nel 2025 potrebbe affiancare il britannico nel giorno più bello della sua carriera. Sono 7 le vittorie per Red Bull, regina del tracciato, 6 i successi Mercedes, la seconda forza della storia recente qui.
Ma il dato più impressionante è un altro, Abu Dhabi ha assegnato il Mondiale in 3 edizioni: 2010, 2014, 2021. Tre finali entrati nella storia. Nel 2010, il Mondiale dei quattro finalisti, con Alonso imprigionato dietro Petrov. Nel 2014, Hamilton contro Rosberg, un duello interno che si chiude nel modo più chirurgico. Nel 2021, l’epopea totale con l’ultimo giro più discusso del secolo, il sorpasso di Verstappen su Hamilton, la Safety Car, la leggenda.
Non solo. In 9 edizioni su 15, Yas Marina ha modificato la classifica finale della top 5 del Mondiale negli ultimi giri dell’anno. Un impatto economico e politico enorme.
Un circuito progettato per raccontare storie
C’è un motivo se Liberty Media ha scelto di consolidare Abu Dhabi come finale, lo spettacolo visivo è perfetto. La gara parte al tramonto e finisce di notte. La temperatura dell’asfalto cambia di sessione in sessione. Le auto corrono sotto hotel, lungo porti, dentro prospettive pensate per la TV e in un contesto tutto da snocciolare giro dopo giro. È un circuito costruito per essere ricordato. E infatti, quando si pronuncia Yas Marina, ognuno pensa a momenti diversi tra cui il primo trionfo di Verstappen, gli incroci Hamilton-Rosberg, gli addii emozionanti di grandi campioni.
Yas Marina non è il circuito più amato dai puristi, né il più tecnico, né il più imprevedibile. Eppure è diventato un simbolo. I suoi 58 giri sono un condensato di tensione, estetica, equilibrio strategico e spettacolo notturno. Sono il luogo dove finisce un anno ma, spesso, inizia una nuova era. E ora, con il cambio gomme e di regolamento alle porte, quel nastro d’asfalto blu e nero diventa ancora una volta frontiera: il punto in cui la F1 saluta ciò che è stata e abbraccia ciò che sarà. Gli ultimi 58 giri del 2024 non chiuderanno solo una stagione. Chiuderanno un ciclo tecnico. E ne apriranno un altro, ancora più veloce, ancora più incerto, ancora più F1.