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Wesley So: “Vivere di scacchi è davvero difficile. Bisogna amarli molto”

Mar 31, 2023

AGI – Se nasci nelle Filippine giocare a scacchi, soprattutto ad alto livello, non è semplicissimo. Wesley So, 29 anni, numero 8 delle classifiche mondali, lo sa forse più di chiunque altro. Fino a quando è rimasto nel suo Paese è stato difficile per lui eccellere nel gioco. Nonostante il talento, l’abnegazione e anche i risultati, in patria e fuori. Per entrare nella top ten mondiale, e superare i 2800 punti Elo (oggi sono 2761), è stato necessario quello che, in un’intervista all’AGI, definisce ‘total shot in the dark’. 

In italiano, per comodità, abbiamo tradotto questa metafora legando insieme due concetti: “Un colpo di fortuna e “un salto nel buio”, il modo più efficace per spiegarne il significato. Insomma, quello di So è stato un viaggio, verso gli Stati Uniti, vissuto come una sorta di liberazione: una sorta di non-ritorno, un viaggio con un solo biglietto in tasca, una scommessa in cui giocarsi tutto per costruire un futuro migliore.

Oggi il campione nato a Las Pinas nel 1993 vive negli Stati Uniti, è diventato cittadino americano nel 2021 e rappresenta la bandiera a stelle e strisce nelle competizioni internazionali. Il suo gioco, come la sua spiritualità, è solido, difficile da scalfire. Intervistare Wesley So non è solo un’immersione nel mondo degli scacchi ma anche, se non soprattutto, un’iniezione di positività e fiducia.

Quando hai scoperto la tua passione per gli scacchi? E quando hai capito di voler diventare un giocatore professionista?

Ho imparato a giocare a scacchi a sei anni e ho iniziato a partecipare a tornei, nelle Filippine, all’età di otto anni. Ma non c’erano vere opportunità dove vivevo. In ogni caso non ero sicuro di avere abbastanza talento per giocare a livello più alto, come un professionista. E non posso dire che qualcuno credesse molto in me, ero solo un bambino di talento tra tanti. Ho deciso di diventare un giocatore professionista solo quando avevo 21 anni e vivevo negli Stati Uniti. È stato un colpo di fortuna, un salto nel buio.
 
Stai per compiere 30 anni. Qual è il tuo rapporto con gli scacchi oggi rispetto a quando collezionavi record e trofei da adolescente?

Quando ero più giovane gli scacchi erano un modo per guadagnare qualche soldo in più nei fine settimana. Ero povero e questi soldi mi aiutavano a sopravvivere. A differenza di altri giovani giocatori di talento che spesso ricevono molto sostegno fin da giovani, la mia famiglia e il mio Paese non potevano aiutarmi davvero. Oggi gli scacchi sono la mia carriera a tempo pieno, li amo e li rispetto, e ringrazio Dio per questo.

Il 2023 è un anno importante per te. Il ritorno al torneo dei Candidati è il suo obiettivo principale? Quali sono gli altri?

Naturalmente mi piacerebbe arrivare a giocare al torneo dei Candidati, ma non posso dire che sia il mio “obiettivo” principale nella vita. Ogni uomo vuole essere bravo e riuscire nel proprio lavoro, ma il mio obiettivo primario è quello di essere un buon essere umano. Un uomo buono che cerca di fare un buon lavoro. Se ho un obiettivo, è quello di essere un buon cristiano. A volte ci riesco, a volte fallisco.

Quanto è importante, invece, provare a tornare sopra i 2800 punti Elo?

Anche in questo caso sarebbe fantastico, ma le mie giornate non diventano migliori o peggiori in base al mio punteggio Elo. Se ci arrivo, bene! Se non ci riesco, continuo a giocare perché, a dirla tutta, non è di certo la fine del mondo.

Gli scacchi online stanno diventando sempre più popolari a tutti i livelli. Si giocano soprattutto partite blitz e rapid. È questo il futuro del gioco? O gli scacchi classici continueranno ad avere la stessa importanza?

Credo che gli scacchi classici saranno sempre importanti. Sono la base degli scacchi. Molte persone amano ancora vedere una partita di scacchi ben giocata perché è un’arte. Sono pochissime le persone al mondo che riescono a seguire e comprendere ogni elemento di una partita quando si gioca rapid o blitz. Si guarda solo per la gratificazione immediata di vedere una fine veloce. Tuttavia, non è necessario che gli scacchi classici siano l’unico gioco disponibile. Come nel ballo: l’hip-hop e il jazz non hanno mai cancellato la danza classica, che è la base dell’arte del ballo. Il cinema e la televisione non hanno mai cancellato il teatro che è la base della narrazione. Lo stesso vale per la musica pop e la musica classica. Le basi non possono essere cancellate perché informano e fanno nascere i generi successivi e non viceversa.

 
Quali aspetti del tuo gioco hai provato a migliorare negli ultimi anni? Quali sono le parti più importanti su cui vuoi continuare a concentrarti?

Non sono molto scientifico nella mia preparazione. Mi alleno su ogni parte del gioco in base a cosa sento in un determinato giorno. A volte lavoro su una cosa, a volte su un’altra. Alcuni giorni sembro più bravo in alcune cose, altri giorno più bravo in altre.

Qual è il primo consiglio che daresti ai giovani giocatori di talento che vogliono aspirare a diventare professionisti?

Assicurarsi di comprendere il sacrificio e il duro lavoro che questo lavoro comporta. Lavorare come scacchista è molto più difficile di quanto sembri stando seduti dietro a un computer. La gente vede i viaggi e le competizioni come qualcosa di entusiasmante.. e in fondo chi non vorrebbe giocare per vivere? Credetemi, questa vita comporta stress, fatica e delusioni enormi. Le ricompense non sono mai garantite e una percentuale molto, molto piccola di giocatori riesce a guadagnarsi da vivere decentemente. Bisogna amare molto questo gioco per poterlo praticare per vivere.
 
Hai partecipato alle Olimpiadi degli scacchi di Torino nel 2006. Quali sono i tuoi ricordi dell’Italia? Cosa pensi degli scacchisti italiani?

Ho amato l’Italia! Persone fantastiche, panorami meravigliosi e ottimo cibo. Ricordo che Sabino Brunello e sua sorella sono stati molto gentili con me. Michele Godena è davvero impressionante. Gli italiani sono artisti naturali, amanti naturali della bellezza, e questo aspetto della loro personalità si manifesta nelle loro partite.

AGI – Se nasci nelle Filippine giocare a scacchi, soprattutto ad alto livello, non è semplicissimo. Wesley So, 29 anni, numero 8 delle classifiche mondali, lo sa forse più di chiunque altro. Fino a quando è rimasto nel suo Paese è stato difficile per lui eccellere nel gioco. Nonostante il talento, l’abnegazione e anche i risultati, in patria e fuori. Per entrare nella top ten mondiale, e superare i 2800 punti Elo (oggi sono 2761), è stato necessario quello che, in un’intervista all’AGI, definisce ‘total shot in the dark’. 
In italiano, per comodità, abbiamo tradotto questa metafora legando insieme due concetti: “Un colpo di fortuna e “un salto nel buio”, il modo più efficace per spiegarne il significato. Insomma, quello di So è stato un viaggio, verso gli Stati Uniti, vissuto come una sorta di liberazione: una sorta di non-ritorno, un viaggio con un solo biglietto in tasca, una scommessa in cui giocarsi tutto per costruire un futuro migliore.
Oggi il campione nato a Las Pinas nel 1993 vive negli Stati Uniti, è diventato cittadino americano nel 2021 e rappresenta la bandiera a stelle e strisce nelle competizioni internazionali. Il suo gioco, come la sua spiritualità, è solido, difficile da scalfire. Intervistare Wesley So non è solo un’immersione nel mondo degli scacchi ma anche, se non soprattutto, un’iniezione di positività e fiducia.
Quando hai scoperto la tua passione per gli scacchi? E quando hai capito di voler diventare un giocatore professionista?
Ho imparato a giocare a scacchi a sei anni e ho iniziato a partecipare a tornei, nelle Filippine, all’età di otto anni. Ma non c’erano vere opportunità dove vivevo. In ogni caso non ero sicuro di avere abbastanza talento per giocare a livello più alto, come un professionista. E non posso dire che qualcuno credesse molto in me, ero solo un bambino di talento tra tanti. Ho deciso di diventare un giocatore professionista solo quando avevo 21 anni e vivevo negli Stati Uniti. È stato un colpo di fortuna, un salto nel buio.  Stai per compiere 30 anni. Qual è il tuo rapporto con gli scacchi oggi rispetto a quando collezionavi record e trofei da adolescente?
Quando ero più giovane gli scacchi erano un modo per guadagnare qualche soldo in più nei fine settimana. Ero povero e questi soldi mi aiutavano a sopravvivere. A differenza di altri giovani giocatori di talento che spesso ricevono molto sostegno fin da giovani, la mia famiglia e il mio Paese non potevano aiutarmi davvero. Oggi gli scacchi sono la mia carriera a tempo pieno, li amo e li rispetto, e ringrazio Dio per questo.
Il 2023 è un anno importante per te. Il ritorno al torneo dei Candidati è il suo obiettivo principale? Quali sono gli altri?
Naturalmente mi piacerebbe arrivare a giocare al torneo dei Candidati, ma non posso dire che sia il mio “obiettivo” principale nella vita. Ogni uomo vuole essere bravo e riuscire nel proprio lavoro, ma il mio obiettivo primario è quello di essere un buon essere umano. Un uomo buono che cerca di fare un buon lavoro. Se ho un obiettivo, è quello di essere un buon cristiano. A volte ci riesco, a volte fallisco.
Quanto è importante, invece, provare a tornare sopra i 2800 punti Elo?
Anche in questo caso sarebbe fantastico, ma le mie giornate non diventano migliori o peggiori in base al mio punteggio Elo. Se ci arrivo, bene! Se non ci riesco, continuo a giocare perché, a dirla tutta, non è di certo la fine del mondo.
Gli scacchi online stanno diventando sempre più popolari a tutti i livelli. Si giocano soprattutto partite blitz e rapid. È questo il futuro del gioco? O gli scacchi classici continueranno ad avere la stessa importanza?
Credo che gli scacchi classici saranno sempre importanti. Sono la base degli scacchi. Molte persone amano ancora vedere una partita di scacchi ben giocata perché è un’arte. Sono pochissime le persone al mondo che riescono a seguire e comprendere ogni elemento di una partita quando si gioca rapid o blitz. Si guarda solo per la gratificazione immediata di vedere una fine veloce. Tuttavia, non è necessario che gli scacchi classici siano l’unico gioco disponibile. Come nel ballo: l’hip-hop e il jazz non hanno mai cancellato la danza classica, che è la base dell’arte del ballo. Il cinema e la televisione non hanno mai cancellato il teatro che è la base della narrazione. Lo stesso vale per la musica pop e la musica classica. Le basi non possono essere cancellate perché informano e fanno nascere i generi successivi e non viceversa.
 Quali aspetti del tuo gioco hai provato a migliorare negli ultimi anni? Quali sono le parti più importanti su cui vuoi continuare a concentrarti?
Non sono molto scientifico nella mia preparazione. Mi alleno su ogni parte del gioco in base a cosa sento in un determinato giorno. A volte lavoro su una cosa, a volte su un’altra. Alcuni giorni sembro più bravo in alcune cose, altri giorno più bravo in altre.
Qual è il primo consiglio che daresti ai giovani giocatori di talento che vogliono aspirare a diventare professionisti?
Assicurarsi di comprendere il sacrificio e il duro lavoro che questo lavoro comporta. Lavorare come scacchista è molto più difficile di quanto sembri stando seduti dietro a un computer. La gente vede i viaggi e le competizioni come qualcosa di entusiasmante.. e in fondo chi non vorrebbe giocare per vivere? Credetemi, questa vita comporta stress, fatica e delusioni enormi. Le ricompense non sono mai garantite e una percentuale molto, molto piccola di giocatori riesce a guadagnarsi da vivere decentemente. Bisogna amare molto questo gioco per poterlo praticare per vivere.  Hai partecipato alle Olimpiadi degli scacchi di Torino nel 2006. Quali sono i tuoi ricordi dell’Italia? Cosa pensi degli scacchisti italiani?
Ho amato l’Italia! Persone fantastiche, panorami meravigliosi e ottimo cibo. Ricordo che Sabino Brunello e sua sorella sono stati molto gentili con me. Michele Godena è davvero impressionante. Gli italiani sono artisti naturali, amanti naturali della bellezza, e questo aspetto della loro personalità si manifesta nelle loro partite.

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