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Wef: Paesi nordici primi per mobilità sociale, Italia ultima tra i big

Gen 20, 2020

verso davos

Interventi coordinati per il contrasto alla disparità sociale avrebbero riflessi consistenti sulla crescita del Pil stimati per l’Italia in 102 miliardi di dollari in 10 anni

20 gennaio 2020


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(5second – stock.adobe.com)

4′ di lettura

I Paesi con la maggiore mobilità sociale sono tutti europei e al “top” assoluto ci sono le nazioni nordiche. In Italia, invece, l’ascensore sociale è alquanto arrugginito e la Penisola è in coda rispetto ai principali Paesi industrializzati, anche a causa di una scuola dove «manca la diversità sociale» e di scarse opportunità di lavoro, soprattutto per i giovani, tra cui abbondano i Neet (acronimo inglese per Neither in Employment nor in Education or Training, le persone non impegnate nello studio, né nel lavoro né nella formazione, ndr).

Nel suo primo rapporto annuale sulla mobilità sociale, il World Economic Forum sottolinea che in una società capace di offrire a ciascuno pari opportunità di sviluppare il proprio potenziale, a prescindere dalla provenienza socio-economica, non solo ci sarebbe più coesione sociale, ma si rafforzerebbe anche la crescita economica. Un aumento della mobilità sociale del 10% spingerebbe infatti il Pil di quasi il 5% in più in 10 anni, indica lo studio pubblicato alla vigilia del summit annuale del Wef a Davos. Sono ben poche, tuttavia, le economie che hanno le condizioni giuste per favorire la riduzione delle disparità e l’inclusione. Le chance di una persona nella vita sono sempre più determinate dal punto di partenza, cioè dallo stato socio-economico e dal luogo di nascita. Di conseguenza le disuguaglianze di reddito si sono radicate e le classi sociali sono “ingessate”.

Global Social Mobility Index

Lo studio misura 82 economie in cinque dimensioni determinanti ai fini della mobilità sociale, ovvero salute, scuola (accesso, qualità ed equità), tecnologia, lavoro (opportunità, salari, condizione), protezioni e istituzioni (protezione sociale e istituzioni inclusive). Il “Global Social Mobility Index” assegna il primo posto alla Danimarca (con 85 punti), seguita da Norvegia, Finlandia, Svezia e Islanda. A completare la rosa dei primi dieci sono l’Olanda, la Svizzera, l’Austria, il Belgio e il Lussemburgo. Tra le economie del G7, la Germania è la più mobile socialmente (11esima, con 78,8 punti), seguita dalla Francia (12esima). Il Canada (14esimo) precede il Giappone (15esimo), il Regno Unito (21esimo), gli Stati Uniti (27esimi) e, infine, l’Italia, che è 34esima, preceduta anche da Portogallo (24esimo) e Spagna (28esima).

In Italia poca «diversità sociale» a scuola

Nell’indice di mobilità sociale, la Penisola ottiene un punteggio di 67, con cui supera di poco Uruguay, Croazia e Ungheria e resta alle spalle di Cipro, Lettonia, Polonia e Repubblica Slovacca. L’Italia segna la sua migliore performance nell’ambito della salute, con 90 punti, potendo contare sul nono posto per la qualità e l’accesso alla sanità e sul quarto posto per l’aspettativa di vita. In termini d accesso all’istruzione, qualità ed equità, il nostro Paese da un lato gode di un buon ratio studenti-insegnanti, dall’altro – rileva il rapporto – da «una mancanza di diversità sociale» nelle scuole, che non favoriscono cioè l’inclusione tra ceti diversi. Un’annotazione che pare trovare riscontro anche in recenti fatti di cronaca, che hanno sollevato l’accusa di scuola “classista”.

Il freno della disoccupazione

Tra i punti deboli anche l’alta percentuale di inattivi (Neet, né al lavoro né in formazione) tra i giovani (quasi il 20%) e le limitate possibilità di formazione continua, che limitano le opportunità di apprendimento per i lavoratori. Solo il 12,6% delle aziende – sottolinea il rapporto – offre una formazione formale e per i disoccupati è difficile accedere a corsi per migliorare le competenze. Tra le aree su cui intervenire figura, ovviamente, quella delle opportunità di lavoro, dove l’Italia è al 69mo posto, penalizzata dagli alti livelli di disoccupazione. Tornando alla classifica, tra le principali economie emergenti, la Federazione Russa (39esima) è la più mobile socialmente nel gruppo dei Brics. La Cina è 45esima, davanti a Brasile (60esimo) e India (76esima).

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